lunedì 8 marzo 2010

and the winner is....



molti dei primi commenti sulle premiazioni di quest'anno agli academy awards esprimono una senso di piacevole sorpresa per le scelte. Avatar non ha fatto il pieno di statuette come era invece previsto, premi ad attori e registi non scontati ecc.
Non sono d'accordissimo e faccio alcune considerazioni.
Io noto invece che mai come quest'anno gli oscar hanno espresso la loro "americanità".
E non è un caso, perchè gli awards esprimono più di quanto si possa credere gli umori del paese.
Un momento di crisi come questo poteva tradursi in una specie di fuga di massa a pandora, con una pioggia di premi a Cameron, oppure una riflessione sulla realtà. E credo che i giurati abbiano scelto questa seconda strada.
The hurt locker parla di soldati. Uomini che sono in una missione che è ancora nell'agenda politica americana, ma lo fa con un occhio diverso. Non  militari  che combattono ma che cercano di evitare le morti di compagni e civili. Una quadratura del cerchio, un messaggio per riportare le virtù guerresche  al centro della scena evitando la controversia di analisi sul come queste virtù sono usate.
Aggiungiamo che in queste ultime ore circolava un dato in rete. Nessuna donna aveva mai vinto un oscar come miglior regista. Un occasione troppo ghiotta da perdere per dei fanatici del politically correct come l'establishment hollywoodiano...
Sandra Bullock celebra le virtù di una arci-americana. Bionda platino, volitiva, decisa, ricca, repubblicana. La trama poi è sottilmente classista (anche se basato su una storia vera)  la donna bianca che cambia la vita del ragazzo nero...
Un film che sembrava destinato al pubblico conservatore del midwest sbanca ai botteghini e mette in luce l'interpretazione di Sandra. Certo, ma anche una ennesima celebrazione del sogno americano.
E quindi siamo a due figure topiche della società statunitense più conservatrice.
il soldato
la conservatrice compassionevole (se vi suona familiare era lo slogan di una campagna elettorale di George W Bush...)
Manca il terzo eroe tipo americano.
Il loser, il perdente di talento, perfetto per raccontare l'epopea delle enormi possibilità che l'america offre e che solo la pulsione dell'uomo alla autodistruzione può sprecare. E chi celebra questa messa alle possibilità dell'america? Delle sue prime e seconde chance? Il cantante country. L'unico genere che gli stati uniti mai sono riusciti e mai riusciranno ad importare. Indigesto, retorico, trash, inascoltabile da chiunque non sia statunitense.
Jeff Bridges impersona il "grande artista americano". Penso a Johnny Cash, amato come Elvis, forse più di Elvis (troppo femminile per l'america profonda). No, Johnny Cash è il vero loser di successo americano. John Wayne con la chitarra, un uomo che stra-vende un disco intitolato "live at folsom"





ecco una foto.
Non è una sala concerti. E' una prigione.... la registrazione di un suo concerto in un carcere, divenuto leggenda. Cosa c'è di più virile e americano? Musica, coraggio, redenzione, punizione...
L'improntitudine dell'academy si spinge a premiare persino la canzone che canta Jeff bridges nel film come miglior canzone originale!

e per finire  Precious
resurrezione e redenzione di una afroamericana sovrappeso e povera.
un altro simbolo americano, la minoranza.
(quando vedrò un film di resurrezione e redenzione di un sanchez, o estevez, o ramirez allora griderò davvero al miracolo...)

ricapitolando:
Il soldato.
il l'uomo d'affari
il cantante country
la nera.

pensate che un film come pulp fiction fece incetta di premi....

Interessante no? Diciamo allora che quest'anno l'America del cinema ha preferito assolversi, in alti momenti aveva voluto invece punirsi.
Un merito però, come ho scritto all'inizio.
Non è sfuggita alla realtà. E agli uomini blu, ha preferito quelli in carne e ossa.


the searcher

Nessun commento: