venerdì 6 maggio 2011

a second chance_take three



immaginatevi gli anni ‘70.
Fate l’attore, siete bello, ma anche timido e scontroso, avete quella asciuttezza nello splendore che solo gli anni '70 possedevano. Siete amato da migliaia di ragazze ed ammirato dai ragazzi.
Guadagnate bene, fate una vita meravigliosa, recitare, fare sport, vi godete la giovinezza, ospite di trasmissioni televisive e di servizi speciali sui giornali dell’intera penisola.
Avete la passione per le moto. Ne comprate una di grossa cilindrata.
Una notte vi schiantate sulle strade di Roma e non morite, no.
Rimanete paralizzati.
Questa è una storia vera. Il protagonista si chiama Franco Gasparri. Lo vedete nella foto, era
l’attore di fotoromanzi più famoso di quegli anni. Anni in cui i fotoromanzi vedevano centinaia di migliaia di copie in tutto il mondo.
Ma è da questo punto che comincia la parte più bella di questo racconto.
Mi sono immaginato per anni Franco Gasparri chiuso in casa. triste, disperato, torvo e incattivito a ripensare al suo passato successo.
Niente di tutto questo.
Ho ritrovato le sue interviste ed ho trovato  un uomo sereno, forte, pulito. Che ha usato la disgrazia per ripensare la sua vita, per cogliere la sincerità, l’amore e la forza che gli hanno saputo dare la sua famiglia ed i suoi amici. Righe di una serenità e pace come raramente ne lo lette. 
“Direi che sono cambiato dentro in meglio. Quando un uomo sta male, quando un essere umano vede la sua vita stravolta, nel suo intimo si accende una luce. Io ero bello ricco e famoso (..) ad un tratto tutto questo è finito, ma è stato in quel momento che il mio animo ha cominciato a vedere e a capire cose che prima non apprezzavo”
Nessuna recriminazione contro il destino cinico e baro, nessuna rabbia…
Un uomo che torna a lavorare come redattore per la "Lancio". La casa editrice che gli ha dato il successo e che in quella casa editrice viene accolto con gioia e rispetto.  Li lavora per anni.
Concludo con le parole con cui anche Franco Gasprri chiude la sua intervista ad una delle riviste Lancio, il giorno del suo rientro in redazione.
-Perché hai deciso di ritornare al lavoro attivo, rientrando nella grande famiglia Lancio?-
-“Per il semplice motivo che ritengo di poter essere ancora utile a me stesso ed agli altri.
(…) Ecco perché dico grazie di cuore a chi mi ha dato l’opportunità di ritornare tra voi.
Eccomi dunque. Sono tornato. E faremo ancora molta strada insieme….
Franco è morto nel 1999 per una crisi respiratoria. Aveva 50 anni.
Ho “conosciuto” Franco curiosando tra i fotoromanzi che trovavo in casa di mia nonna…strappavo le pagine per fare i bussolotti da cerbottana, ma intanto leggevo. Ricordo negli anni ‘80 la notizia del suo incidente.  Ecco perché ho sentito la curiosità di andare a scoprire cosa ne era stato di lui. 
Ero pronto alla tristezza, ho trovato leggerezza e serenità.
Che condivido con voi.

the searcher


qui trovate a second chance_take one e take two

mercoledì 4 maggio 2011

non è mai andata così



La dietrologia mi ha sempre insospettito. E ne ho parlato anche in altri post.
Un dato poi mi sembra incontrovertibile.
Il complottismo è solo ed esclusivamente rivolto a qualunque cosa facciano gli Stati Uniti.
Di più. Se un evento non riguarda gli stati uniti (tsunami, tempeste di sabbia, crisi finanziarie)  lo si rimanda a loro, che lo avrebbero provocato per motivi economici/politici/chennesòqualcosacèsotto.
sembra insomma che lo scatenamento delle dietrologie riguardi sempre e solo l’america.
Con un unico formidabile competitor… il Vaticano.
Che poi ci sarebbero tanti misteri nel mondo meritevoli di analisi approfondite. Mao è davvero morto? Oppure da 30 gestisce il paese al riparo di una grotta nel Quandong? E come sono andate le ultime elezioni russe? Putin è un sosia o è davvero lui? Magari Castro è morto da mesi e Raul usa un sosia addestrato a comparire in tuta adidas per gestire la transizione dei poteri…
Se non siamo mai stati sulla luna e le torri gemelle sono un complotto della Cia, beh, anche queste mie ipotesi meritano pari dignità mi sembra.
In realtà il complottismo mi interessa in sè. Sono convinto che sia una turba del comportamento.
Persone che si sentono marginali a tutto, che si percepiscono come numeri di ingranaggi di cui non conoscono inizio e fine. Novelli Charlie Chaplin di “tempi moderni”. Sviluppano un torvo astio nei confronti dell’autorità costituita, verso cui si sentono impotenti. In questo sentimento innestano frustrazioni personali, manie di grandezza, carriere non decollate.
Hanno promosso lui e non me perché è l’amante del capo (meglio se il capo è anche un uomo, così ci mettiamo un po’ di sessismo), la vita va così, è tutto un magna magna.
Il qualunquismo si innesta poi perfettamente nel complottismo, come il lichene sul muro, uno nutre l’altro.
Eppure è semplice. Nelle vicende quotidiane, ci confortiamo con passi falsi, errori che facciamo, ingenuità, superficialità figlie dello stress, della fretta. Tutto si conclude in modo diverso da come lo immaginavamo. Più ingarbugliato, pieno di conseguenze impreviste. Lo consideriamo normale.
Eppure quello che ci sembra plausibilissimo nella vita quotidiana, all’interno di processi a volte anche semplici (una riunione di condominio….), ci sembra impossibile da ipotizzare in vicende complesse. 
Non possono aver sbagliato, c’è qualcosa sotto.
Che le cose a volte vadano semplicemente come sono andate, con il loro carico di contraddizioni, incongruenze, errori,  che a volte le persone raccontino i fatti per quello che sono, tutto questo è vissuto dal complottista come un offesa personale.
E più si cerca di spiegare con chiarezza, più il complottista vede complotti. 
Forse è per questo che cita spesso l’America e non la Cina, che non si perita di spiegare nulla e quindi il mistero resta mistero. 
Poco intrigante per il complottista a cui non interessa in non-conosciuto, ma il non-detto.
Concludo ripetendo come già scrissi, che il mantra “non può essere andata così quella storia”, è un formidabile placebo per dire “non può essere andata così la mia storia”.
Il complottismo insomma, come malattia senile del rammarico.


 nella foto Jasper Jones nella sua casa di New York. Magnum Photos