lunedì 18 ottobre 2010

a lezione di umiltà (dalla televisione...)



mi occupo di video per vivere. ed anche di contenuti.
Nelle scorse settimane ho contribuito a scrivere, girare e mandare in onda una trasmissione sulla settimana della moda milanese.  Non vi dirò quale perchè non è questo che conta. Vi racconterò invece com'è andata, cosa più interessante.
Ho iniziato la produzione pieno di spocchia e di intenti pedagogici.
E' ora di finirla con la tv che intervista le starlette, i tronisti, la volgarità.  Io avrei cambiato le cose, eccome se le avrei cambiate... più profondità, più riflessione e addirittura... più cultura! gliela avrei fatta vedere.
Insomma ero partito con tutte quelle erronee convinzioni care alla intellighenzia snob della rete secondo cui la televisione (e lo spettatore...) vanno educati, spinti verso la fruizione "alta"...nonostante avessi lavorato (e molto) in tv da giovane. Ero convinto che allora la giovane età mi aveva impedito la rivoluzione che adesso ero pronto a combattere.
Mal me ne incolse...
Come è andata quindi?
E' andata che volevo "educare" la tv e la tv ha "educato" me.
Mi ha educato ai suoi ritmi, ai suoi contenuti "naturali", mi ha insegnato che le persone non vogliono affatto sentirsi fare delle domande originali, diverse, che le spingano a riflessioni profonde. anzi, vogliono essere rassicurate con le domande di rito. "Quali sono i temi della tua collezione" "che materiali hai usato" "cosa pensi della settimana milanese della moda" e mi sono addirittura accorto che è meglio così.
Che cercare in un contesto errato (un programma di moda in cui contano i vestiti) un significato alto, non solo è fuori luogo, ma produce ahimè cattiva televisione.
Il programma ha iniziato a vivere di vita propria e mi ha letteralmente  piegato alle sue esigenze.
Avevo fatto lunghissime interviste alle direttrici dei giornali, molte domande sul costume, sul consumo.
Certo le ho usate, ma facendo i salti mortali per farle entrare nel ritmo della trasmssione, che era una sequanza sincopata, di backstage, sfilate, interviste flash ai designer e ancora sfilate.
Sono poi caduto nel solito meccanismo presuntuoso di chi intervista, ho cercato attraverso le mie domande di apparire intelligente... errore madornale.
Le domande servono a far sembrare intelligente chi risponde non chi domanda. Il risultato è quello di scrivere cose "autorispondenti" e di irritare chi ti sta davanti....
Insomma la grande lezione di umiltà televisiva.
Un programma, ha tempi ritmi e argomenti che si autoimpongono,  cercare di rivuluzionarne i modi e contenuti non solo è velleitario, ma non funziona neppure.
Le rivoluzioni si devono fare nei cinema d'essai, nei programmi sperimentali, nei luoghi in cui sono possibili.
Una caporetto cultural/catodica quindi? Non del tutto, alla fine.
In un programma come quello che ho affrontato si possono ottenere piccole vittorie, umili, tenaci e che spostano di un millimetro verso l'alto l'asticella della volgarità.
Ho fatto piccole battaglie quindi.
Non intervistare paola barale per esempio, preferendole la direttrice di Elle america.
Ignorare melissa satta (ex velina) e chiedere una battuta a Maria Latella.
Ho scelto musica patinata ma non per questo banale. Più Depeche Mode e Bowie che Lady Gaga quindi.
Piccoli spostamenti all'interno di un genere insomma. Che lungi dall'essere una limitazione sono piuttosto una sfida ed una lezione su quello che le circostanze permettono e quello che no.
Scomodo qualche grande del cinema, per spiegarne il senso. John Ford a Alfred Hichcock, non si sarebbero mai sognati di definirsi artisti o peggio "rivoluzionari".  Semmai artigiani del loro "genere", il wester e il thriller.
Ecco, un pò di artigianalità e meno ideologismi mi hanno permesso di uscire più o meno indenne e con una moderata soddisfazione del lavoro fatto.
Gli ascolti? Suvvia non penserete che contino davvero qualcosa?
LA tv è come la bocca di fornace di un treno a vapore lanciato a tutta velocità. Brucia tutto quello che le butti dentro solo per continuare a camminare. E un minuto dopo la messa in onda,  quello che hai fatto e che ti sembrava così importante, è solo uno sbuffo di fumo nella prateria.


the searcher.


l'autore della foto è QUI

giovedì 14 ottobre 2010

less is more




Non abbiamo più dischi. Perchè compriamo tutto su i tunes.
E tra un pò di anni ( andrà così lo so, lo sapete) nemmeno libri e i giornali.
Li scaricheremo sull'i pad e sul kindle.
Le case sono destinate a cambiare e foto come questa non se ne scatteranno più.
Sarà tutto molto "less is more" e soprattutto, gironzolare da nuovo invitato ad un cena in cui non si conosce nessuno, sarà molto più imbarazzante.
Non si potrà più ingannare l'attesa curiosando le coste dei libri e i titoli dei dischi.
Nessuno si farà idee sul padrone di casa. E' un lettore o no? Ascolta musica o no?
Finiti gli incipit a tavola " ho visto che ti piace moravia..." e via a parlare dello sporcaccione che era.
Un bagno di umiltà poi... la casa di un ignorante sarà uguale a quella di un'intellettuale, la libreria come simbolo di potere, Il potere della conoscenza scompare. Magari sostituita da un elegante mobile porta hard drive.
E nemmeno quello, perchè tanto sarà tutto remotato da qualche parte in un deposito a cupertino, e noi richiameremo dati via rete solo quando ci servono.

Non è detto che sia un male, magari le conversazioni saranno più curiose e guardinghe, e in fin dei conti ci si farà meno preconcetti su chi ci ospita.

Cosa avremo quindi? 
Probabilmente un tablet portatile,  un wi fi potentissimo e molto più spazio.
Uno schermo enorme poi, va da se (magari anche quello sarà un ologramma e una volta spento.... altro vuoto nel soggiorno...)

Certo la bellezza delle suppellettili, degli arredi,  dei soprammobili ("quello l'ho preso in Birmania l'ultima volta. Un viaggio bellllissssssimo..") continuerà a parlare di noi.
Una casa è un pozzo di segnali sul suo proprietario praticamente inesauribile.
Diciamo che un simbolo materiale della nostra formazione culturale e sentimentale si avvia a divenire immateriale e invisibile ai nostri ospiti.


the seacher


la foto è uno scatto bellissimo tra i molti della leggendaria  magnum photos. E' qui

la seconda chance



amo fare archeologia televisiva e qualche giorno fa sono andato a scoprire che fine avesse fatto un personaggio tv degli anni '80. 
Lo trovo ovviamente su wikipedia e sempre più incredulo leggo le sue note biografiche, fino ad imbattermi in queste ultime strabilianti righe.


Dopo aver ricevuto una visione, nel 1999, dal capo della Nazione Blackfoot, Rufus Goodstriker (Seen from Afar), riceve il suo nome indiano, Iniumahka, "Bisonte che corre". Dal leader spirituale Bruce Starlight (Nazione Blackfoot) gli viene inoltre concesso di poter pregare con la Chanunpa, la "Sacra Pipa", il più alto simbolo della spiritualità degli Indiani d'America, donata loro da "Donna Bisonte Bianco" in tempi remoti. Dall'apache Mescalero Danny "Many Horses" Rael, nel 2001, riceve il suo secondo nome, Chè Toka Se Eèhi, "Uomo il Cui Spirito si Solleva al di Sopra delle Nuvole", e due penne d'aquila, l'espressione più spirituale per i Nativi americani, l'equivalente di due medaglie d'oro, essendo l'aquila, Wanbli Gleshka, l'emissario del Grande Spirito sulla Terra. A partire dal 2000 si produce in un'assidua attività di conferenze e conduttore di seminari sulla cultura dei Nativi americani, sui cerchi nel grano, sulle Nazioni delle Stelle (quelli che noi chiamiamo gli alieni), sulle profezie Hopi e Maya relative al 2012, sia nel nostro Paese sia all'estero.


Il personaggio di cui cercavo tracce era un comico e quel nome indiano che vedete evidenziato mi insospettiva parecchio, per via della sua fonìa come dire... parecchio milanese. 
Penso quindi ad un geniale gesto dadaista e che sia tutto uno scherzo messo in piedi dall'ex cabarettista per prendere in giro noi e wikipedia in una botta sola.
Beh mi sbagliavo...
E' tutto assolutamente vero.
Il comico di cui vi parlo è enzo braschi, che passò alla storia del drive in per la sua "maschera" del paninaro, tutto piumini, timberland e parlata in "ascion" (imboscation, panination, cuccation)
ecco un link per rinfrescarvi la memoria


drivein


Scopro così che enzo braschi si è laureato in filosofia con una tesi sulla "spiritualità dei nativi americani delle grandi pianure" (addirittura) che ha ora all'attivo numerosi libri sull'argomento e fa seminari in Italia e all'estero come esperto di ufologia e studioso della profezia maya del 2012 (si proprio quella sulla fine del mondo).
Che dirvi... è interessante.. me lo immaginavo faticosamente aggrappato a comparsate in discoteche di periferia con l'eterna maschera tramontata del paninaro, invece scopro che si è rifatto una vita.
Cero mi insospettiscono parecchio i suoi skills sulle profezie maya e cerchi nel grano,  dalle parti di voyager e sospetto che abbia trasferito la sua voglia di palcoscenico nelle conferenze, però è una reinvenzione di vita, dopo il successo tv, in fin dei conti interessante.
La televisione ti "congela" nella tua storia televisiva appunto e quando un personaggio scompare non riusciamo ad immaginare che fine faccia.  I comici di solito finiscono a fare teatro brillante, che serve a fare credere alle casalinghe di voghera che stanno "andando a teatro". La deriva peggiore sono le comparsate in tv locali sempre più improbabili giù, fino alle discoteche di provincia.
Braschi si è inventato una storia diversa, ha ricuperato gli studi universitari, ha scritto e immagino che quelle cerimonie per ricevere le più alte onorificenze indiane siano state emozionanti e anche "vere".
 Con le dovute riserve sugli  argomenti è comunque una storia di rebirth interessante.


the searcher