domenica 17 febbraio 2013

the sanremo diaries_the final



Finalmente Tenco ha vinto Sanremo.
Mi spiego meglio.  Ha vinto Mengoni, superando i Modà eterni attesi vincitori di Sanremo ed Elio e le storie tese, quasi un premio alla carriera il loro  (ma vorrei davvero sapere chi mai scaricherà ed ascolterà nell'ipod la canzone mononota...).
VI spiego perché Tenco.
Quest'anno la giuria di qualità, pesava molto più degli anni scorsi, il 50% dei voti. Il martedì, la classifica parzialissima del televoto non aveva dato sorprese, i 4 artisti da talent erano nelle prime posizioni. Ormai il festival, lasciato al voto da casa è in mano alle truppe di Amici ed X Factor, questo lo si sa. E il popolo, parafrasando Benigni "sceglie sempre barabba", con rispetto parlando... La giuria di qualità  al 50% è stata messa li per evitare questo strapotere e questa prevedibilità.
Non è un caso infatti che la 4a classificata fosse Malika. Quindi un voto senza l'inclusione aliena di Mengoni avrebbe chiuso con Elio, Modà e Malika. Tre artisti comunque considerati "veri" (la dove l'accezione falso, era quest'anno appannaggio dei divi da talent appunto).
Sennonché il venerdì, nella serata di "Sanremo Story", Mengoni ha offerto una delle più convincenti (e commoventi almeno per lui) interpretazioni mai date di "Ciao amore ciao" di Luigi Tenco. E devo ammettere che osservare questo ragazzo fare sua la canzone e, soprattuto dalla seconda strofa in poi, viverla con grande intensità, lo sguardo al cielo, gli occhi lucidi, il ritornello finale variato ad arte (nessun "ciao amore ciao" era  uguale al precedente) cercando di imprimere ad ogni verso un significato,  è stato un bello spettacolo. Credo anche di grande autenticità.
Ecco io penso che questo exploit, questa reincarnazione in un brano così enormemente simbolico abbia cambiato radicalmente la visione che la giuria selezionata aveva di questo artista. Ecco quindi che unita alla potenza di fuoco del televoto si sono aggiunte (provo a indovinare) delle valutazioni insolitamente alte per il vincitore, da parte della giuria specialistica. Non tanto per il brano che interpretava, ma davvero perchè la sera dei brani storici Mengoni  ha provato a fare (forse involontariamente, forse spericolatamente) da ponte tra il vecchio Sanremo ed il nuovo. Non ultimo, sospetto sia scattato uno strano ed obliquo risarcimento per quel bellissimo brano di Tenco,  davvero mai capito fino in fondo.
Ecco la mia lettura. Naturalmente opinabilissima.

Fazio ha condotto la serata di chiusura maluccio, sopratutto nella parte finale.
Apostrofare il direttore di palco a bordo scena, offrendo tenacemente il proprio profilo sinistro allo schermo, qualche volta fa spontaneismo, fatto regolarmente con lo sguardo smarrito assomiglia molto ad una mancanza di precisione. Spesso Fazio quando qualcosa succedeva sul palcoscenico (qualcosa che non era inquadrato; tipo lo smontaggio velocissimo degli strumenti) ce lo faceva  capire con movimenti panici e repentini dello sguardo. Non è una forma di complicità, è un errore televisivo...
Il conduttore è quella persona che mentre accanto a lui stanno smontando con la fiamma ossidrica la batteria incastra sullo stage, ci guarda fisso in camera, primissimo piano, e zufola aneddoti sulla storia di Sanremo come se quei minuti d'attesa fossero la cosa più prevista e più calcolata dell'universo visibile. Farlo sempre può suonare falso o vecchia scuola, d'accordo, ma non farlo mai ti fa apparire come uno che non sa cosa sta per succedere.
Non c'è molto altro da dire sulla serata finale, che non è altro che un grande petting televisivo in attesa dell'orgasmo linberatorio. La proclamazione del vincitore.

E' interessante invece la resa degli ascolti. Hanno tenuto fino all'ultima sera con flessioni davvero minime nelle puntate centrali. La Rai che va in pari coi soldi... E tutto questo conseguito con un Festival "colto", con la danza e la musica classica. Sicuramente un edizione che sente nella pancia la nuova stagione politica. E' un fatto però che Fazio riesce ad aprire un Sanremo con Wagner, a proseguirlo con la danza contemporanea senza perdere ascolti. La Litizzetto ha (di nuovo) molto merito in questo. Battitore libero di freddure improvvise e fulminanti va seguita secondo per secondo, perchè proprio questo infilarsi in ogni interstizio e pausa della liturgia è la sua abilità.  Questo inchioda i curiosi alla poltrona per  tutto la durata dello show, senza possibilità di fuga.
Tutti parlano di "nuova tendenza",  io invece penso che ogni Festival faccia storia a se, e che si può forse parlare di mini flussi che toccano due o tre edizioni... dopo la stagione dei talent protagonisti, ecco il minitrend  Morandi Fazio che cercano di riscoprire la "centralità" della canzone.
Vedremo cosa esprimerà l'anno prossimo il contesto.

Vi lascio con una domanda... vi ricordate ancora di Alexia?


the searcher.

venerdì 15 febbraio 2013

the Sanremo diaries_day3





Diciamo la serata dell'impegno sociale e anche la tradizionale serata di transizione. Si risentono le canzoni e si mettono a fuoco le preferite, anche gli autori possono sbizzarrirsi un po' e scaldare le batterie in attesa del sabato sera fluviale.
La Litizzetto lasciata sola da Fazio,  infila il miglior monologo da lungo tempo a questa parte e ci fa ricordare cosa amiamo di lei. La capacità di raccontare il quotidiano con humor ma anche con empatia. L'abilità disegnare i sentimenti di ogni giorno per quello che sono, senza retorica e con tenerezza.
Il personaggio è sempre il suo intendiamoci "questi uomini che dobbiamo sopportare ma alla fine ci piacciono e siamo fatti per stare con loro" ma davvero lo recita con autenticità. Credo che Luciana Litizzetto sia in fondo una donna anni '50, che ama pensare al rapporto uomo donna come qualcosa che ha a che fare con regole immutate e immutabili, con una nostalgia malcelata per l'idea di mascolinità, persa nei '70 della parità di sessi.

Antony and the Johnston è un ospite musicale che rivela la raffinatezza dei gusti di Fazio. Si capiva che era una scommessa vinta sopratutto da lui. Anche Antony, commovente certo, ci rivela quanto i musicisti siano spesso peggiori della loro musica. Una voce celestiale, un brano struggente... e poi un insopportabile "pippone" sul destino del pianeta che ci ha inflitto per almeno 4 minuti, seduto al piano e leggendo tutto da un foglio preparato. Fazio in piedi, sapeva quello che lo aspettava e lo ha subito con dignità. Nondimeno sembrava padre Georg quando ascolta  Ratzinger che cerca di portare alla fine le sue omelie con la "q" tedesca. Dobbiamo sempre farci trattare da colonia culturale.... In questo emisfero  si rifletteva sulla condizione femminile quando negli Stati Uniti le madrie di bisonti vagavano ancora libere. Vaffanculo va' Antony.

Il Festival esprime sicuramente una tendenza politica. Questo festival è di sinistra, fighetto e un po' snob. Ce ne accorgiamo dal senso di irrilevanza che si respira tutt'intorno ai fenomeni dei talent. In passate gestioni la vittoria era una questione di lotte tra amici e i fattori X. Quest'anno l'accento è fortemente su artisti collaudati, su autori o band indipendenti con una grande storia alle spalle. Il non detto è su "Musicisti veri"... e se dobbiamo vedere pencolare un po' di simpatia e verso gli artisti del talent Sky, non certo verso quelli di Amici. Ciononostante persino la mitica Chiara di X factor passa e va, senza particolari attenzioni e lusinghe. E' un interessante segno di autonomia anche rispetto alle discografiche, che secondo me nella gestione Morandi misero mano piuttosto pesantemente.
Tutta questa teoria potrebbe naturalmente essere infranta sabato sera dal televoto lo sappiamo, ma il cima e il contesto credo siano quelli che ho descritto.

Elio.
Ormai è un esperimento di arte contemporanea applicata al festival. Le fronti sempre più alte e la meravigliosa trovata delle braccia finte lo collocano in un iperuranio tra il miglior Cattelan e "I soliti ignoti" di Monicelli, impagabile.

giovedì 14 febbraio 2013

the Sanremo diaries_day2




Un bell'inizio di seconda serata, con Beppe Fiorello che interpreta con credibilità e, mi sembra grande rispetto, Domenico Modugno. Il gesto finale di regalare la giacca di Mimmo alla vedova è forse un po' retorico ma efficace.  Quando Sanremo travalica e diventa storia del paese (storia pop certo) è al meglio di sé.

Luciana si rilassa e il duo trova sicuramente un ritmo più giusto. La tecnica di palco della coppia la conosciamo;  la ragazzaccia sboccata e il professore di liceo che la tiene a bada con urla da zia esausta alle gite ("Luciana!"). Il primo giorno l'eccesso di interruzioni della Litizzetto aveva troppo frammentato le presentazioni, ieri la macchina funzionava meglio, complici anche i suggerimenti imperiosi di Fazio, che i microfoni sempre troppo aperti (un errore tecnico inspiegabile...) ci hanno lasciato intuire tra una pubblicità e l'altra. Luciana poi da il meglio di se con le belle ospiti. La gag "io donna normale voi gnocche, ricche e con più culo che anima nella vita"  è formidabile e permette l'immedesimazione del 98% delle femmine davanti alla TV (il 2% escluso sono Belen e Afef Tronchetti Provera).

Tutti parlano bene della formula doppia canzone e io invece no. Si capisce lontano un miglio qual'è la preferita dagli artisti e si è creata anche una curiosa deriva stilistica; primo brano pura ballata in stile Sanremo, pur nella differenza di mood (i modà fanno i modà, max gazzè fa Niccolò Fabi più bravo come sempre) per il secondo pezzo parte invece il riflesso condizionato del musicista finto colto... la rivisitazione della canzonetta swing anni '30 attualizzata. Gorni Kramer meets Radiohead diciamo.
Tutti dorotei insomma e tutti a tentare la doppia offerta; Pop song e tradizione, non sia mai che lo spettatore tipo di Rai Uno (70 anni..) non senta echi di gioventù e voti a favore.

Ecco devo dire che la musica cosiddetta altra, colta, quella intelligente ma fuori dalle classifiche si è presentata alla prova sanremese con un risultato finora deludente. Molti artisti che abbiamo visto sul palco avevano già dato il meglio di se sulla scena indie (per quello che ciò ormai significa) tanti anni fa. Quella che stiamo testimoniando sembra insomma più una celebrazione postuma, officiata da un grande musicista, Mauro Pagani, che la fotografia del nuovo.
So che volete i nomi e li faccio... gli Almamegretta. Una pallida imitazione della straordinaria band che sono stata e che addirittura si fa scrivere una canzone da Federico Zampaglione ( il "Tiro Mancino").
Fa piacere intendiamoci e se lo meritano, così come se lo sono meritato Marta sui tubi, ma lo zeitgeist è altrove, in artisti che probabilmente Sanremo lo rifiuterebbero a priori... Amor fou, Dente, le luci della centrale elettrica, lo stato sociale, zen circus,  i cani ed è una lista ovviamente parziale.
Diciamo quindi che quasi sempre Sanremo consacra o storicizza. Raramente anticipa.

Resta i-nar-ri-va-bi-le Toto Cutugno con il coro dell'armata rossa.
Per ora il "momentum" dello show è ancora suo. Il nazional popolare è un gioco duro e solo i duri lo sanno giocare.

ps attendiamo di sapere se la apple farà causa per plagio ai titoli "mirrored" di questa edizione...



a domani

the searcher


mercoledì 13 febbraio 2013

The Sanremo Diaries_day1




Non sempre una formula che funziona in un contesto, funziona sempre.
Il salotto casalingo un po' sandra e Raimondo un pò commedia degli equivoci di Fazio/Litizzetto così efficace su raitre,  sul palco di Sanremo infatti gira fino ad un certo punto.
Il Festival è comunque un appuntamento istituzionale, ed un po' di formalismo non guasta. Presentarlo come il "Mercante in fiera" del pomeriggio di Natale non lo rende più intimo e familiare. Semmai più confuso e con un che di raffazzonato.
Non è un caso infatti che l'unico momento autenticamente Sanremese ( e quindi con la sua cifra di ridondanza trash) sia stato Toto Cutugno con il coro dell'Armata Rossa. Un instante imperdibile, con i volti imberbi dei giovani sovietici che cantavano "Litaliano" con un trasposto che noi abbiamo visto al festival forse solo negli anni '50.  Toto ha giganteggiato, padrone della scena, a suo agio, con quella assenza di vergogna che il nazional popolare richiede e pretende.

Crozza si è preso dei fischi. Povero fiore sopravviverà?  Finisce così quando fai tutti i tuoi show protetto nell'enclave fighetta de La7 o nei teatri  adoranti. Anche tu Crozza, sei disabituato al dissenso, troppo aduso alle lusinghe. Anche tu vivi fuori dalla realtà ed hai dimenticato la gavetta, come quei politici che prendi in giro. Ed ecco che appena trovi un palco vero, dove rischi anche di trovare un elettore PDL che ti si sfancula, sbandi, slitti, vedi le tue certezze messianiche messe in dubbio e a momenti te ne vai. E deve intervenire Fazio, come un leone a proteggerti non dal pubblico (che ha SEMPRE ragione!) ma a salvarti dalla tua stessa debolezza e vanità, dalla figura di merda che stai per fare, ed a  ricordarti la prima ed unica regola di ogni uomo di spettacolo che tu, Crozza hai dimenticato; "The show must go on",

la musica, qualche cenno..
"Marta sui tubi" va sul palco più mainstream che esista in Italia  e cerca di salvare la propria diversità con un bacio alla Litizzetto ed un look da prodigy de noantri. Troppo poco.  E' bello vederli li dopo tanti anni di gavetta, se lo meritano, ma certe trasgressioni all'interno di una cornice così solidamente convenzionale non suonano geniali, semmai un po' fuori posto.
La peggior esibizione della serata però è indubitabilmente nelle mani dello sgangherato duo Cingotti Molinari. Si sono viste coppie da piano Bar fare cose infinitamente più egregie e convincenti lungo tutta la costa adriatica, che credetemi, è piuttosto lunga. Il contro canto/urlo di Cingotti " I want you back!!!" sul secondo brano era agghiacciante, ma vedendo le gambe di Simona e la sua schiena nuda,  sbirciata grazie al gioco si specchi dell'Ariston, capiamo che Peter avrebbe urlato qualsiasi cosa...