domenica 23 dicembre 2012

le province. Una storia italiana




E così la riduzione/accorpamento delle province non si farà. 
Non per colpa della politica, di Monti, della crisi internazionale. 
Per colpa nostra, vostra, per noi e per voi, per l’eterna ignoranza italiana.
Diciamoci la verità, gli italiani fanno un po’ schifo. Noi facciamo un po’ schifo. 
Velleitari e autoreferenziali, piagnoni e furbetti, perdonisti con se stessi e spietati con il prossimo,  che danno ragione all’ultimo con cui hanno parlato e la sanno sempre lunga.
Ricordo le campagne anti-provincia, che sembrava la madre di tutti gli sprechi. Sono sicuro che il 99,9 degli intervistati all’epoca si beava di tuonare contro un organismo inutile, pletorico, che serviva solo a moltiplicare le poltrone. Tutti d’accordo; le provincie vanno abolite. Tutte. Subito. Con un colpo di penna. E tutti a firmare appelli. 
Poi arriva Monti e ci prova. Nemmeno ad abolirle, ma realisticamente solo ad accorparle.
Apriti cielo. 
Non i politici (non solo) ma anche gli immarcescibili “italiani brava gente”, quella intervistata per strada, quella che metterebbe alla gogna (vera, del museo delle torture) qualunque parlamentare, si trasformava nella più accesa salvatrice non “delle province” come entità (giammai, bada bene), ma ovviamente della propria! 
Perché va bene abolirle tutte, ma Frosinone no! Ecchè scherziamo?! 
“Niente niente Frusinune co’ Latina!? Ma ‘n ce lo sapivate che nuie ci stavamo prima de lory? Allora per San Crispine abbolite Latina e facite Frosisnone la grande pruvincia no?”
“ Oh bellino! oh che ttu ddìci! Piuttosto ‘he andà sotto a PIsa noi ci si butta tutti al fiume o maremma abolizionista!” 
e via pontificando, a metà tra "cazzenger"  e una sagra di paese.
Gli stessi. 
Gli stessi eterni italiani dell’eccezione che conferma la regola, del codicillo, del post scritum, del latinorum, i veri inventori del nimby (“not in my back yard”, “non nel mio giardino”. Mai) i campioni dell’aiutino. 
Gli stessi che girano le girandole moretttiane, quelli che si deve abolire il vitalizio, quelli che fanno la coda a qualunque gazebo per qualunque campagna per abolire qualunque privilegio. Altrui. 
E a riporto le seconde e terze linee politiche. Assessori locali (localissimi...), presidenti di provincia che sentono l’odore del sangue, della facile vittoria. Si rendono conto come in trance che si! Il miracolo è successo! Dell’abolizione delle province agli italiani, in realtà, non frega una beneamata minchia! Anzi! Questa lotta la sentiranno come loro! Difendendole si vincerà una facile battaglia populista, si passerà addirittura per sensibili al territorio!  Ed eccoli allora in prima linea!  Ecco allora i presidenti che bevono olio di ricino, ecco consiglieri che si incatenano chissà dove.
Come d’incanto, la riduzione delle province che TUTTI, TUTTI, TUTTI volevano, diventa la grande battaglia identitaria conto lo strapotere dello stato totalitario, piemontese nazifascista! Giù le mani da Varese per Dio! 
E quegli stessi censori dello spreco, quei firmaioli compulsivi ora sono tutti li sorridenti, intervistati per le strade della bella provincia italiana ad ammiccare, a spiegare compiti che quella provincia esisteva dai tempi dei Longobardi e non può essere certo l’odiato Monti ad infliggere questa ferita culturale proprio a loro..... certo se poi le provincie limitrofe desiderano sottomettersi alla loro millenaria storia.... 
I partiti nazionali a chiudere il cerchio. 
Sentita l'aria che tira, sicuri grazie al loro infallibile fiuto opportunista, che non ci sarebbero state manifestazioni di piazza per questo fallimento hanno compiuto il capolavoro che riesce loro meglio; quello della riforma annunciata che poi non si fa, della legge intrappolata nelle ragnatele dei regolamenti parlamentari, dei calendari, del “fuori tempo massimo”, della morte in sordina. Le braccia allargate nell’impotenza, lo sguardo dispiaciuto e la strizzatina d’occhio al proprio feudo elettorale, salvato e vellicato da queste vittorie di Pirro. 
Far cadere il governo insomma e far credere agli elettori di averlo fatto quasi solo per salvare la loro provincia. Un capolavoro italiano. 
“Cosa stiamo aspettando signora?” “Che sia troppo tardi” 
Baricco degli italiani ha capito tutto. 
Facciamo un po' schifo.



venerdì 28 settembre 2012

il culto di Gaia




Ho scoperto di recente un blog molto interessante.
E’ cristiano, con sfumature tradizionaliste, frequentato da cattolici che tendono a difendere la tradizione ed a criticare (finalmente) con franchezza la cosiddetta secolarizzazione.
Io non sono credente 
(neppure sincretico/buddist/shintoistaortodossosolodidomenicaconfucianopanteista...), ma mi è piaciuto leggerlo perchè è senza infingimenti e inciuci, ci sono interventi di cattolici radicali, che si schierano e difendono i dogmi, le proibizioni. Spesso con competenza
scientifico-medica, anche se orientata è ovvio. 
Per farvi capire gli schieramenti i peggio trattati sono Margherita Hack e l'ormai defunto Cardinale Martini....
Però ho trovato degli spunti interessanti e, come dire, non allineati. Uno in particolare mi ha fatto riflettere, riguarda quello che un commentatore ha definito 
il neo-paganesimo del culto di Gaia, il nostro pianeta.
E’ vero. Un sentire diffuso nell’opinione pubblica percepisce la terra, la natura, come il luogo del buono, del perfetto, del sostenibile e vive l’umanità come virus che turba gli equilibri millenari del globo e identifica ciò che è “umano” come corrotto perchè devia dalla saggezza del naturale.  Non lo avevo mai considerato in questo senso (nel senso di un vero culto seppure inconscio) ed è una riflessione acuta.
La risposta che i cattolici danno a questa deriva sta nella conseguenza del superamento della società come antropocentrica, per portarla in un territorio, come l’antispecismo, in cui l’uomo non è più centrale nella visione dell’esistere, ma specie tra le specie. In casi estremi si teorizza la possibilità di danneggiare l’uomo per salvaguardare la natura. 
Di paganesimo si tratta senza dubbio. Per il cristiano questo è inaccettabile ovviamente, perchè ha come conseguenza la fine del rapporto privilegiato tra Dio e l’uomo a sua immagine e somiglianza e più sottilmente della gerarchia tra l’uomo e la natura, che per il cristiano può essere sfruttata e usata, mentre per il neo-pagano ovviamente no.
Questa natura neo-pagana però è ideologica, finta, costruita.
Qualunque contadino, vi racconterà senza retorica e sdolcinature che cos’è davvero la natura. Uno spazio che non è “morale” e nemmeno “filosofico” ma semplicemente “è”.
Incesto, cannibalismo, stupro rituale etero e omosessuale, aggressioni, scontri mortali per la leadership, abbandono degli esemplari deboli… tutto questo succede nel mondo naturale ogni giorno. Esistono pratiche che il buon selvaggio da terzo millennio non tollererebbe, quindi le censura e della natura usa una fotografia ripulita, edulcorata e sostanzialmente addomesticata per piegarla ai propri fini. Per il non-cristiano lo scopo è dichiarare il pianeta come luogo perfetto ed indicarlo come esempio da seguire.  Non c’è bisogno di Dio, noi non siamo così speciali, siamo una razza come un’altra, è altrettanto nobile occuparsi di babbuini che di bambini poveri, di cani abbandonati che di affamati in africa.
I conti tornano. L’uomo contemporaneo affoga in questa contraddizione sempre più a fondo, in un equilibrio instabile tra ingordigia consumistica e ricerca del sé. I beagle dei centri di vivisezione sono adottati a fiotti mentre in Italia, già nel lontano 1998, si macellavano circa 90 milioni di bovini l’anno per consumo alimentare. 
Il vegetarianesimo infatti è un altra frontiera del culto di Gaia, nonostante si possa obiettare che la domesticazione e la macellazione appartengano alla notte dei tempi (esistono poi animali carnivori) ma sono “umani” appunto e non “naturali”.
Il vegetarianesimo attecchisce però molto meno di una generica ammirazione per la perfezione naturale. E si capisce il perché… aggiungere alle pause estatiche davanti ai tramonti, la scomparsa dl prosciutto crudo dalle proprie cenette è faticoso… puzza già di precetto, di religione appunto. E poi il maiale non è l’airone...
La crescita sostenibile e la decrescita tout court sono poi gli altri cavalli di battaglia del neo-pagano. Produrre meno, crescere meno, salvaguardare il pianeta il più possibile. Ed anche qui tra le contraddizioni evidenti ne cito una; un recente articolo di giornale ha messo in luce l’enorme quantità di energia che i data center di internet sparsi nel mondo consumano. Ma certo una macchina che scarbura per strada è un immagine di inquinamento del pianeta molto più evidente di un asettico mac sul nostro tavolo.
(Il downsizer contemporaneo poi ha uno ed un solo mezzo di locomozione: La bicicletta.) 
Paradossalmente il cristiano potrebbe non essere un ecologista convinto, forse in modo meno ipocrita il cattolico ritiene infatti che il mondo sia stato creato per lui, per la sua vita e che nel pianeta deve (e può) trovare nutrimento e conforto materiale. Al morale ci pensa Dio.
Il neo-pagano no. Si sente perennemente in colpa, è come avvertisse di dover chiedere continuamente scusa alla terra, la regressione verso il non-intervento potrebbe portarlo anche ad estremi (e ne ho conosciuti) come i frugivori, o certe sette che si rifugiano in zone sperdute tornando a forme di organizzazione da cacciatori-raccoglitori. Praticamente tornare al paleolitico per non disturbare la natura.
Ecco se la guardiamo da lontano, la struttura di pensiero che sacralizza Gaia passando dalla decrescita, alla sostenibilità, al riciclo, all’impatto zero, finendo alle battaglie vegetariane, anti-vivisezioniste, disegna certamente un culto para-religioso molto preciso; che delegittima l’uomo, come un protervo ospite del pianeta in cui deve muoversi in punta di piedi in attesa, forse, di sparire di nuovo.
Certo ho estremizzato. Esistono Cattolici che adorano solo lattuga e vivono in povertà accanto a laici consumatori bulimici e felici. Ma non avevo mai riflettuto su quanto conformismo e distorsione ideologica ci potesse essere  nel rispetto del territorio e quanto, in questo si possa nasconder un sottile disprezzo per l'essere umano.



cito le mie fonti. Il blog si chiama www.libertaepersona.org/wordpress/



the searcher



martedì 11 settembre 2012

being matteo renzi



E’ tale la levata di scudi contro Renzi, fatta con tale virulenza, che sempre più è evidente la bontà della sua scelta. 
Ci sono delle forzature? Certo che ci sono, ma in un paritto blindato e sclerotizzato come il PD lo spazio lo trovi con le forzature non certo con le procedure ordinarie. 
Renzi, sono certo, avrebbe voluto concorrere a delle primarie di Partito  per arrivare alla direzione e cambiare i democratici da dentro. Mira a quelle di colazione perchè è lo spazio dato in questi tempi grami e questo spazio è deciso a prendersi. 
L’organigramma che di recente i giornali di destra hanno fatto paventare in caso di vittoria di Bersani forse non è vero. Il peggio è che è “verosimile”. A tutti, questa spartizione che sa di muffa è sembrata possibile e credibile, segno che Bersani non ha saputo renderla con la forza della sua segreteria, un ipotesi che fa sorridere. 
Ma vediamo cosa rimproverano a Renzi e cerchiamo di smontare questi distinguo pezzo per pezzo.

Non sono primarie di Partito. 
Già detto. Le primarie di partito si faranno chissà quando, immemori  i democratici dell’enorme cesura che il govreno Monti sta rapppresentando nel paese e nella storia politica italiana. 
Persino Berlusconi ha pensato ad un giovane, per quanto cooptato,  per marcare la discontinuità (persino lui...). Il PD invece non è si neppure per un attimo interrogato  su quali facce fosse opportuno presentare, dopo una parentesi di questa portata.  Anzi, già chiamarla parentesi è un errore lessicale. Renzi prova a imporre questa riflessione con l’unico mezzo che ha; le primarie di coalizione, che per quanto imperfette, possono funzionare per scardinare questo errore di valutazione politica. 

E’ un utile idiota/spacca il Partito/è al sevizio dei nostri nemici politici. 
Questa idea delle primarie addomesticate sono da sempre un pallino degli ex-comunisti (e non dei prodiani, nota bene). A Bersani dovrebbero fischiare le orecchie.... Si ricorda quando gli imposero con la moral suasion di non correre contro Veltroni? 
Poi è davvero paradossale che le primarie siano aperte a tutti, ma non a quelli che secondo i “Colonnellli”  non  sono adati a correrle.
Quanto paternalismo, quanta boria, quanta tattica spacciata per strategia signori! 
Potrei essere anche più velenoso e lo sarò, chiudendo così; 
D’alema, te lo ricordi Alessandro Natta? 

Non ha un programma chiaro...
Ma andiamo! Sono almeno 20 anni che “il corpo è il programma” gli archetipi ormai incarnano le idee! Tutto questo era Berusconi, è stato Prodi, lo è Bersani ed ora Renzi!
La sua storia personale, la sua età, sono il portato che ci permette di leggere in fligrana, chairissimamente, quale programa il Sindaco di Firenze vuole offrire. 
Il suo viso, il suo modo di comportarsi, le slide che usa per le sue presentazioni (slide? Bersani già è perplesso.... ) parlano chiaro!
Abbozziamo una sua piatttaforma? Eccola;
Superamento delle categorie ideoolgiche ottecentesce, superamento del rapporto priviliegiato/malato con la CGIL, meritocrazia, pari opportunità per la realizzazione personale, una definiione nuova e post-industriale dei rapporti di lavoro e di quelli socio-economici, i precari di nuova generazione ed i lavoratori atipici al centro delle politche del lavoro, la tecnologia come chiave per la modernizzazione del paese, l’innovazione  e il web al centro dell’agenda. Questi sono solo esempi che si deducono quasi “lombrosianamente” dal  suo “being Matteo Renzi”. 
Così come Bersani significa, tranquillità nella continuità, assonanze emotive con i cugini delle sinistre radicali, lavoro come era concepito negli schemi  del secolo scorso, la sicurezza della guida di un buon padre di famiglia insomma, senza scossoni traumatici ma anche senza novità. Praticamente una Opel. E D’alema fa D’alema, la sua Farnesina sarà attenzione ai paesi arabi e sfumature cirtiche verso gli Usa, eterni imperialisti e Israele troppo aggressiva nella sua regione. 
Non ci vuole la sfera di cirstallo per intuire cosa ci aspetta. 

E’ già Sindaco. Non dovrebbe correre.
Aspettate non ricordo bene... era Penati che si candidò da governatore della Regione mentre era Presidente della Provincia? Forse ricordo male, deve essere così. 

Perchè lui? ci sono tanti altri 40 enni!
E beh certo. Renzi inizia la traversata nel deserto tra pernachhie e ostilità interne a partire dalla sua corsa alle primarie per il candidato sindaco di Firenze (già allora con D’alema contro). Sfancula tutti e le vince. Li risfancula vincendo anche le elezioni da Sindaco. Inizia una lotta aperta di almeno due anni nel PD  per imporre il concetto di ricambio generazionale, prendendosi tutta la contrarerea (“tenere duro mentre piove la merda” come dice Al pacino in un film). Poi il vento cambia, racccoglie consensi, si rafforza, riesce a  portare nel DNA delle primarie la questione del ricambio della dirigenza e quando finalmente il traguardo è vicino... lascia perdere per non “rompere il partito” e propone la segreteria a Fassina. 
Certo Renzi è Madre Teresa di Calcutta con una spruzzatina di  Cincinnato. 
Ma quando Renzi prendeva le badilate sulla questione del ricambio, dov’erano tutti questi quarantenni cuor di leone? (e lasciamo stare il più bel fiore che possedemmo e che sì bello fu perduto: Deborah Serracchiani) 
Davvero pensate che Renzi non lo faccia anche per potere, visibilità? O devo nuovamente ricordarvi chi era Alessandro Natta?

Renzi fa quello che si DEVE fare.  Cercare con forza (politica) di prendersi la segretaria del PD e pensionare una classe dirigente che non è affatto di scarso valore, ma che accecata dalla propria autoreferenzialità non capisce che fcendo un passo indietro potrebbe diventare un grande patrimonio di consigli, esperienza e saggezza da offrire alle nuove leve. Sceglie invece di restare in campo, costringendo alla rituale  “uccisione del padre”. 
Fatto questo Renzi, con un sano, sanissimo spoil  system,  vorrà costruire una Segreteria nuova e un Partito nuovo,  proporre una propria visione di società al paese ed agli elettori e su questo tentare di andare al governo. 
Parafrasando letture un tempo alla moda “la conquista della Segretaria non è un pranzo di gala” è una lotta dura,  che va fatta muso duro. 
Del resto persino Del piero adesso gioca in Australia.  Possiamo permetterci addirittura di avere Rosy Bindi che rimane senza un ministero.
Credetemi, sopravviveremo. 


the searcher 


martedì 28 agosto 2012

Ceronetti au caviar




meraviglioso Ceronetti,
Scrive questo articolo di pura “gauche caviar” sulla stampa, per annunciarci l’importanza della  decrescita felice, con frasi memorabili tipo
 “In vacanza andateci con Isaac Singer, Georges Simenon, Wells, Dostoevskij, per cui non è necessario ungersi la pelle, e pestate lo Spread sul bagnasciuga, con un disinfettante pronto.”
Non lo conosco bene Ceronetti, anche se mi sta automaticamente sulle palle per la sua sicumera, allora per correttezza, prima degli strali vado a leggere su wikipedia cos’ha fatto nella vita. 
Immagino che abbia scritto giusto uno o due libri, magari qualche articolo e che abbia passato il resto della sua esistenza a decrescere felicemente in campagna come predica a tutti noi. 
Scopro invece (ma va...) che nella sua lunga cariera ha lavorato a circa 20 commedie teatrali, che ha scritto non meno di una trentina di libri, a cui dobbiamo sommare gli articoli per “La stampa” con cui collabora da decenni.
Interessante. Come sempre i profeti del rallentameto felice sono quelli che in gioventù avevano il piede sull’accelleratore, che si sono divertiti, che hanno racolto allori e stima, quelli che magari hanno ucciso e sgozzato per il successo (in senso metaforico è ovvio). 
Poi come spesso accade, alle prime prostatiti e difficoltà digestive scoprono la bellezza della riflessione e predicano a giovani che non devono essere ambiziosi. che bisogna accontentarsi...  meno ibiza e più Dovstojevskjy insomma...
Ceronetti non contento propone  anche un delirante percorso utopico in cui si produce solo quello che serve e si lascia il superfluo a marcire (comrpeso PC su cui ha scritto l’articolo? Compresa la connessione con cui l’ha spedito al suo giornale senza uscire di casa? Compreso il bonifico con cui riceve i soldi per suddetto articolo sempre senza uscire dalla maison?) e via stronzeggiando, a pretendere che la gente rinunci alla propria portizone di superfluo, di inutile, di vanitoso, solo perchè lui ha già ha avuto la sua e adesso non gli va più.
Ma a meno di cosa poi? 
Nelgi slum di Mumbai, quando il governo pianificò un programma per migliorarne le condizioni di vita e chiese agli abitanti se preferivano l'acqua corrente o la televisione, cos’hanno scelto secondo voi? E lo sapete che sempre in India hanno inventato la micro-porzione di prodotti di bellezza e per capelli, che si può comprare a poche rupie? Ed stata un grande successo, grazie al quale le donne delle baraccopoli, hanno potuto esaudire il sogno di curare la propria bellezza  e per un momento essere simili alle indiane ricche. Queste cose le sa Ceronetti?  
La verità è che quando la tua rinuncia è solo una dura necessità,   quando sei costretto alle vacanze all’idroscalo, al discount per la spesa, a dimenticarti ristoranti o semplici pizzerie,  ecco che la decresita prende un altro nome, molto meno alla moda e certo meno affascinante per Ceronetti: povertà.

martedì 26 giugno 2012

Parma e la voluttà della critica




c'è qualcosa di voluttuoso nel modo in cui gli editorialisti sciorinano critiche sulla lentezza della giunta parmense. Si vede il godimento del "io lo avevo detto.
Scende in campo addirittura Aldo Grasso, lui un critico televisivo, per commentare le incompletezza della giunta emiliana scomodando paragoni culinari (slow politic come slow food.... in sintesi.)
C'era da aspettarselo. Il grillismo si è sempre posto come potenziale "primo della classe". Ha sempre cavalcato quello che io ho definito altrove lo "ovvismo" una dottrina per cui la soluzione di molti problemi è sotto gli occhi di tutti, è semplice, veloce, appunto ovvia e solo l'incapacità congenita della classe politica permette di adottarla.
L'ovvismo nasce dalla furia semplificatrice, dal bisogno di percepire come lienari situazioni complesse (come ad esempio la gestione della cosa publlica) perchè la complessità necessita pazienza, studio, ma sopratutto genera disagio duraturo. Il Movimento 5 stelle ha molto combattuto questo frustrante sentimento, facendo credere che fossero le lentezze del politichese e i giochi di veti ad impedire la semplificazione amministrativa.
In molti gli hanno obbiettato che alcune cose sono complesse in sé. Che le soluzioni spesso sono la somma di intuizioni, errori, aggiustamenti, inciampi e che il risultato è quasi sempre un approssimazione di quello che avevamo in mente. Del resto è stupefacente che gli esseri umani ed elettori tutti, che sperimentano questa realtà quotidianamente sui luoghi di lavoro (o anche solo per arrangiare una cena tra amici) pretendano la sua inesistenza in politica...
Ma questo ha promesso Grillo contro tutto e tutti. E questo si aspettano che mantenga. Ecco perchè il tono di tutti i commentatori, nessuno escluso nel verificare gli inciampi di Parma è così compiaciuto. Si scoprono gli altarini, si fa notare che l'antipolitica cade in imbarazzi, lentezze, imprecisioni, passi falsi. E capita anche ai secchioni grillini. Che però avevano affrontato le campagne elettorali con una certa saccenza, forti del loro candore, garantendo la discontinuità, la diversità genetica. E quindi le ingenuità che ad una giunta neonata verrebbero perdonate come semplici incertezze da matricola ai 5 stelle sono fatte rimarcare come errori imperdonabili.
Se si predica la perfezione nella gestione poi anche la sbavatura viene fatta notare. Che ci sia una certa meschinità in queste critiche affilate è indubbio... I complici delle passate amministrazioni sentono in cuor loro di essere stati collusi ad un sistema inefficiente e indeguato. Peggio, di non aver colto il cambiamento né come cittadini, men che meno come giornalisti.  E quale gioia quindi poter urlare che siamo tutti uguali, che anche il neo sindaco di Parma per poco non assume un "condannato"! (i nuovi paria della politica contemporanea).  Non aspettiamoci nessun ammorbidimento. Parma sarà messa al microscopio per molto tempo nel desiderio di normalizzarla alla attività politica vera,  quella sporca, lenta, paziente che è sempre stata. Prima o poi qualcuno si alzerà e dirà "credevo che i grillini fossero diversi, ma non è così" su quella dichiarazione si avventeranno tutti i media.
Spetta a Pizzarotti dimostrare che una altra via è possibilie e che questa partenza lenta è in realtà una rivoluzione copernicana e non l'avvio di una normalizzaizone politica del movimento.


the searcher

venerdì 11 maggio 2012

la politica dell'antipolitica



io credo sia un errore continuare a riferirsi al grillismo come antipolitica. 
Ma non per i motivi comunemente indicati. 
In realtà grillo e il movimento 5 stelle hanno un idea della politca altissima, addirittura sacrale e per certi versi irraggiugibile. 
La politca che sogna il movimento è una politica come missione, come gesto salvifico e rigenerante.  Di conseguenza  una classe politca che sia e torni ad essere elitaria. 
Politici padri della patria, statisti che sappiano organizzare e gestire il paese con una capacità di comprensione del momento addirittura sovrumana.
Una fede nella politica in realtà superiore alla media, non inferiore.
Una fede che spinge il grillismo a desiderare una figura di poltico così, perfetta e metafisica, (e assente dall’attuale mercato politico) da sentire la necessita di costruirlo in proprio.   
Lo Homo Novus del movimento cinque stelle è quindi il soggetto di una eugenetica politica  arditissima, direi utopica che dovrebbe sintetizzare in sè pregi e peculiarità apparentemente contraddittori;
Venire dalla società civile, ma essere già esperto nella gestione pubblica, essere èlite culturale ma non far pesare la propria alterità rispetto ai cittadini comuni, capire la complessità del quotidiano, rispettarla, ma allo stesso tempo saper offrire soluzioni semplici ed immediate (Lo “ovvismo” un altra caratteristica del grillismo... 
-Il problema è complesso, la soluzione è invece semplice, ovvia e sotto gli occhi di tutti, ma voi politici non la vedete-) 
E tutto questo gratis, 24ore su 24, per poi tornare dopo due mandati, 10 anni se va bene alla società civile, senza nulla nelle mani se non il ricordo di una bella esperienza di impegno sociale. 
Tutto questo è ardimentoso persino per un francescano, figuriamoci per un consigliere comunale o un sindaco...
Avendo una idea così “de chirichiana” della attività politica, il 5 stelle trova quindi non solo inadatti, ma fisicamente repulsivi i politici attuali. I quali hanno ai loro occhi una inadeguatezza quasi eretica.... Beninteso, una inadeguatezza che c’è eccome, ma che per i grillini non è vissuta come problema “laico”,  bensì come offesa morale ed organica
Il lessico di Beppe girllo quando parla dei politici infatti è infarcito di riferimenti 
fisico/organici che dovrebbero non solo suscitare la nostra indignazione,  ma proprio il nostro disgusto fisico, come davanti ad una blatta. Non solo inadatti alla altissima missione ma profanatori di tale sacralità. 
E Grillo ne parla infatti come di salme, morti, (“rigor montis”) elenca “diarre lessicali”, invita a non partecipare a dibattiti televisivi con le “mummie”...il politico attuale è davvero per Beppe grillo lo sterco del diavolo. E di conseguenza la politca “vera” una sorta di santità che sta nell’iperuranio.
La figura che il movimento vuole proporre sembra perciò tendere ad una forma perfetta non solo di politico, ma oserei dire di essere umano. Onesto, solidale, moderno, connesso, patecipato, non profit, preparato, aperto, controllabile, rimovibile e potremmo continuare all’infinito. 
Con delle premesse così alte e così fideisticamente entusiaste il rischio che si corre è di avere dei grillini “reali” mai veramente all’altezza dei grillini “immaginati”.
Perchè poi mi sembra difficile che il Movimento, diventato da pochi giorni anche classe politica a tutti gli effetti (che lo voglia o no) riesca a rimanere esente da quell’estenuate, sudaticcio,  compromissorio e a volte squallido, esercizio quotidiano che è la gestione della cosa pubblica.
Se dovesse farcela davvero assisteremmo al miracolo di una elite culturale e morale costruita dal basso.  Se fallisse vedremo invece il molok assorbire e normalizzare in sè questa ennesima spinta al cambiamento. Con un coro di ripudi e di scomuniche come colonna sonora. 
Comunque vada, però, sarebbe ora di smettere di definire tutto questo anti-politica, piuttosto iper-politca. Una idea di poltica così sublime che nessun bersani fini o casini sarà mai in grado incarnarla- 
Resta da vedere, come ho detto, se ce la faranno quei semplici e volenterosi cittadini che il Movimento 5 stelle ha portato nei consigli comunali di molte città italiane. 
the searcher

domenica 4 marzo 2012

la politica è una cosa semplice






Parafrasando nel titolo  ( me ne rendo conto adesso..) il nuovo disco di Tiziano Ferro; 
cosa ci sta insegnando il governo monti, oltre alle molte cose che tutti ci spiegano compitamente?
anche che governare è una cosa semplice. 
Significa avere una visione dell’organizzazione del paese, costruirla tecnicamente con ministri preparati, portarla in aula, e farla votare.
Dopodiché diventa legge e si applica nella nazione. 
Semplice no?
Certo non così semplice, Monti riesce a costruire una azione di governo lineare sulla base della paradossale situazione che si è creata in italia. 
Pur tuttavia sta riabilitando (rehab...) il paese alla democrazia compiuta.
Sta anche dimostrando che governare una questione di ritmi e di voglia di lavorare. 
Ministri che tutti i giorni vanno al ministero provano ad inventarsi leggi per superare blocchi sociali, economici ed emotivi nel paese. 
Consigli dei ministri che lavorano a pieno regime, leggi che vengono elaborate con un ruolino di marcia da consiglio da amministrazione. 
Monti e il vero Berlusconi.... è quello che si pensava portasse Berlusconi nell’azione di governo; i ritmi dell'azienda moderna, che non significa  assenza di democrazia, ma meccanismi di confronto e superamento rodati, efficaci e applicabili.
Monti sa re-insegnando a questo paese che governare  è possibile. 
Non solo, anche che governare può essere una cosa veloce. 
Il lascito è un idea di politica che può tornare a piacere al paese. Un po' meno pindarica delle visioni kennediano/Obamiane, un po' più alta delle paralisi reciproche della prima e seconda repubblica.
Una politica pragmatica ma con un idea di paese, laica ma con una sua moralità, asciutta e aziendale. 
In azienda le persone non si rispettano per amore... si rispettano grazie ad un codice, violato il quale ci sono procedure di soluzione e di espulsione funzionali e sostanzialmente legittimate da tutti.
Monti lo sta applicando con una certa durezza, dissimulata di attenzione. 
E’ un approccio finalmente privo di sensi di colpa cattocomunisti, l’azione di governo come sintesi di un “idea” politica e non di una “morale” politica.
Potrà sembrare un pò asettico, poco emozionante, ma dopo anni di simboli e bandiere al vento, un pò di sana “adminstration publique” alla francese non può che farci bene. 
Un ultimo lascito definitivo di questo passaggio;
la classe politica attuale, “après montì” è totalmente e irreversibilmente superata. 
Tutta e in blocco. 
Ed anche questo non per ragioni morali ma di best practice
Ci sono dei metodi di governance (oh oh!) efficaci, dimostrati da Monti a mò di teorema algebrico, che possono essere integrati ad una visione politica post-moderna e 
post-ideologica  solo da leader di nuova generazione.
Questo nuovo tool non può essere maneggiato da persone come Bersani, La russa, Casini (e forse anche Alfano nonostante la giovane età) perchè semplicemente non appartiene al loro DNA. 
Fare politica senza credere in dio (in nessun dio) dopo Monti è possibile. 
La politica per il 2013 deve prepararsi a schierare una  classe dirigente nuova e conscia di questo cambiamento, altrimenti le reazioni dell’elettorato saranno devastanti. 



the searcher

la foto è un giovane Monti. e la trovate QUI 

giovedì 16 febbraio 2012

l'armageddon a Sanremo


Su Celentano ci sarebbe moltissimo da dire.
Ma nel mio post precedente ho già tagliato e cucito parecchio sulle star che ad un certo punto della loro esistenza scoprono i "valori veri". Non mi dilungherei e inoltre va detto che Celentano è un cattolico praticante e monogamo da molti anni.
 E' interessante semmai questo suo spostamento (che avviene sempre dopo l'andropausa) verso posizioni radicali anzi direi quasi "Lefebriane". Celentano che fa incazzare i vescovi perchè è quasi scismatico nella sua radicalità! Cose da pazzi!
Certo l'uomo brucia di contraddizioni. Alla fine è sul palco di sanremo per amplificare l'uscita del disco, come un artista qualdiasi e non ci sarà nessun baraccone videoteconologico (con la maggior parte delle immagini di guerra rubate a "il nemico alle porte" di JJ Annaud!) e nessuna omelia da sgangherato prete di provincia a cancellare questo peccato originale. Un artista di 70 anni che ancora si affanna a cercare palcoscenici ricchi di audience (anziana) per aiutare le vendite del proprio disco.
C'è niente di più farisaico?
Tornando alla analisi poi mi stupisco dello stupore....
Celentano in realtà ha solo fatto, per l'ennesima volta, se stesso. Quindi la domanda interessante è;  Perchè agli occhi di tutti l'osannato innovatore televisivo è di colpo diventato un vecchio arnese veterocattolico?
Le ragioni sono come spesso accade tecnico/televisive.
Quel tipo di ritmo e di retorica insopportabile, quella commistione di "teatro sistina aggiungi un posto a tavola", canzoni finto rock, elicotteri alla apocalypse now e movenze da vecchio rockettaro anni '50 funzionano ancora bene nello spazio di uno show completamente "celentanizzato", in una scenografia da lui controllata, con un ritmo da lui gestito.
Allora quell'impasto di retorica, nostalgia viscontiana della milano scomparsa (poi ci deve spiegare perchè il nostalgico sta chiuso in una villa in brianza....) pacifismo anni 70 de noantri, "DonCamillismo"  revisited funziona alla grande.
Un set profondissimo e illuminato benissimo, celentano che si palesa lento e ieratico a metà tra mosè e Laurence Olivier, le pause ed i silenzi, la retorica populista. Tutto, se racchiuso in una scatola da lui gestita funziona.
Quello stesso mastodontico orpello retorico, infilato a forza nello spazio stretto dell'Ariston, con partner improbabili come Pupo (Pupo che fa il giuda di Jesus Christ! ma andiamo!!) e legnosi come morandi si inceppa e risulta sgangherato. Ma sopratutto televisivamente debole.
E la fretta poi! Non 4 sere costruite con la cura di mesi, ma sketch provati poco e male,  pieni di buchi nel ritmo televisivo e recitativo.
A conferma di ciò l'unico momento riuscito di monumentale trash è il dialogo con la canalis metafora dell'italia!  Che è infatti fieramente suo!
E forse sottovalutiamo l'ironia celentanesca se non riflettiamo sul fatto che una ex velina un pò zoccola, passata a fama planetaria per averla data ad una star americana in eterno sospetto di gaytudine è eletta a simbolo del bel paese!
Ecco quel momento di molleggiato televisivo puro funziona proprio perchè è retorica trash senza infingimenti.
Sanremo poi ci ha messo del suo per non funzionare.
Uno schema demenziale.... tre canzoni e poi un ora e mezzo di break surreale, con Joan Lui rifatto in salsa ligure, poi ancora canzoni... i lanci di una pochezza autorale vergognosa, ma come si fa ad assoldare sei o sette autori e vedere siparietti così improbabili?
Poi abbiamo nostalgia di "studio uno".... per forza! Almeno nei 60 ci si rifugiava nella rigidezza formale che salva sempre.
Alberto lupo in smoking che annuncia asciutto "signori e signore..... Mina!"
Timeless elegance!
Qui invece abbiamo perso il decoro senza recuperare la naturalezza ed infatti rocco papaleo funziona per questo.
E' il classico terrone che si trova a vivere il sogno del festival con un pò di autenticità, corroborata dal robusto mestiere dell'attore caratterista, con quel cinismo morbido del nostro sud e quella ossessione per la gnocca che lo ha fatto subito complice di qualunque maschio davanti alla tv.
Un ultimo cenno agli eliminati.
Ho scritto in passato che il festival con infinita lentezza espelle le escrescenze del passato e prefigura cautissimamente un possibile presente.
Continua a dimostrarlo, con la cacciata in prima serata di Dalla, D'alessio e Bertè.
Su cosa è diventato Dalla, un musicista tra i più geniali del nostro periodo cantautorale non mi dilungo perchè mi intristisco.
La vanità è il vizio preferito del diavolo. Lo sa di certo Celentano.
Forse lo ha dimenticato Lucio.



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giovedì 5 gennaio 2012

sulla via di damasco




C'è un momento imprecisato in cui le star, di qualsivoglia categoria, abituate a non essere mai contraddette, iniziano a svalvolare e credere di essere dei guru. Ulteriore degenerazione, scoprono la "normalità" come valore  e dopo aver strangolato e ucciso (metaforicamente si intende) per la carriera, dopo essere diventati vergognosamente ricchi con il loro mestiere si accorgono in un satori di serie B dell'esistenza della "vita vera".  Rallentare, vivere con i figli e  "sono altre le cose che contano".
Unito a questo atteggiamento sviluppano una sicumera quieta, fanno cascare dall'alro i pareri (che credono sempre originalissimi), ostentano un aria di fastidio per il circo che li circonda ( a cui beninteso partecipano pagatissimi). La variante è la scoperta del misticismo e della religione (Battiato, Renato Zero) ritirarsi a vita privata con un grande amore e poi tornare in tv finiti i soldi e gli amori (Paola Barale&Ratz Degan, ma anche Eleonora Giorgi&Massimo Ciavarro) Oppure trasformare la trasmigrazione ad un altra rete come una specie di cammino di illuminazione.
Che è quello che sta succedendo a Simona Ventura.
Ora io non nego che la Ventura sia cambiata.
Era spinta su Rai 2 a ritmi di lavoro devastanti per tenere alti gli ascolti di rete. In un periodo fece contemporaneamente X factor, L'isola e quelli che il calcio.
Poi con la meschinità tipica dei piccoli viscidi funzionari rai, venne messa alla porta quando gli ascolti iniziarono a traballare (l'isola)  e non per colpa sua, ma piuttosto perchè il genere sta fisiologicamente tramontando, infatti anche il grande fratello pencola pericolosamente.
Simona quindi sbarca a Sky, si toglie qualche sassolino e con piene ragioni e scopre che lavorare di meno rende più sereni, fin qui tutto bene.
Ad Xfactor versione Sky comincia la metamorfosi.
Inizia ad atteggiarsi... si atteggia parecchio, sempre più... gioca alla Signora Nobile della tv italiana, accoglie con fastidio da Regina Madre qualunque critica al sua lavoro di conduttrice, si muove come una padrona di casa che permette ai ragazzi di toccare l'argenteria, come se la rete fosse già cosa sua.
Pretende poi una credibilità nella gestione musicale dei suoi artisti che è fin commovente.
Il problema è che questa presunta autorevolezza da Napolitano della parabola nessuno gliela vuole riconoscere, non le sue giovani artiste che la contestano spesso e volentieri, men che meno Arisa o Morgan, per cui lei rimane la simpatica tamarra che ascolta radio deejay.
E Simona si incazza, abbozza a fatica, frustrata tra il bisogno di apparire superiore e il desiderio vero di far partire colpi di maglio televisivi a destra e a manca.
Perché sotto il guanto di velluto della nuova Ventura,  cova l'artiglio della vecchia filibistiera televisiva.
Lo sa bene Elio che durante X factor si guarda bene dall'attacco fontale, preferendo lasciare qua e la messaggi sibillini, che Simona forse nemmeno coglie...
Devo dire che il nuovo personaggio, un pò mamma, un pò professoressa di matamatica, un pò "lei non sa chi sono io, ma nun je 'o dico che ssso trropppo modesta" convince poco umanamente e anche televisivamente.
Mentre scrivo, siamo a poche ore dalla finale di X factor.
Dovrebbe Vincere Antonella, artista di Arisa, che ha tutto ma proprio tutto per diventare una star.
Se così fosse siamo sicuri che Simona non si arrabbierà...
dopotutto, la vita è altrove.



the searcher


mercoledì 4 gennaio 2012

anche i (finti) ricchi piangono






La crisi, la manovra Monti, i sacrifici stanno svelando il peggio che è in noi, noi italiani.
Ascolto persone che ho intorno, ed i più incarogniti, quelli con la bava alla bocca dalla rabbia sono i benestanti, i piccolo borghesi che hanno vissuto per anni al di sopra delle loro possibilità.
In questi si verifica un fenomeno interessante; il processo di auto-assoluzione dei propri eccessi e vizi, che scatta rapido e indolore, per passare poi in serenità a trinciar giudizi sulle malefatte altrui.
Nessuna presa di coscienza, nessuna autocritica, nessuna riflessione sui famosi “eccessi del consumismo” (che infatti ormai citiamo tra virgolette come un arcaismo lessicale).
Perché sono ovviamente sempre gli “altri” i colpevoli. Gli “altri”, gli stronzi  che spendono troppo, guadagnano troppo, che hanno troppo.  Poi, proseguono saccenti chiarendo quale dovrebbe essere l’esatto nirvana dell’equilibrio tra consumo guadagno, che è sempre e invariabilmente il loro.
Ho visto signore con mariti ex dirigenti statali, che percepiscono laute e generose pensioni del sistema retributivo, con figli impegnati a diventare registi di grido a colpi di co.co.co. (mai uno che diventi banconiere dell’esselunga, per carità) che inveleniscono, spiano la vicina e le augurano ogni male perchè ha comprato una macchina nuova, lamentandosi dei “propri” sacrifici…
Ho visto ricchi di quattro generazioni milanesi, con case infarcite di opere d’arte meravigliose, girare con le coccarde arancione, novelli Robespierre de ‘noantri, per cacciare Letizia XVIma e incoronare Pisapia, scandalizzarsi poi quando il nuovo sindaco ha introdotto la zona C a Milano con pagamento dell’ingresso. Scandalizzati, di dover pagare 5€ (cinque euro...) per andare in centro a fare shopping.
Immancabile la battuta di chi la sa lunga, sugli aerei pieni, i ristoranti che non si riescono a prenotare e mai a pensare che tu che parli, proprio tu, sei la prenotazione e il ristorante pieno di qualcun’altro.
E tutti masticano amaro, rosicano meschini, fanno raffronti, vedono ingiustizie sociali ovunque tranne che nel loro tinello.
Un pastone indigeribile di invidia, saccenza e autocommiserazione.
Non mi stupisce che in questo paese durante il fascismo la delazione abbia prosperato.
Non solo per noi l’erba del vicino è sempre più verde, ci auguriamo anche che passi qualcuno a devastarla....
La  crisi poi, non ha solo confermato un tratto nazionale conosciuto e resistente ad ogni antibiotico di civiltà e cioè l’inveterata abitudine degli italiani a vivere al di sopra delle proprie possibilità e rendite, ne ha sclerotizzato un altro aspetto... la protervia nel pensare di “meritarselo”.
Si perché l’orrenda e sterminata piccola borghesia ignorante e cafonal nostrana, da sempre vive spendendo più di quello che dovrebbe, ma lo fa perchè crede in un complotto cosmico che impedisce a lei, proprio a lei di diventare improvvisamente (e va da sé,  senza fatica) ricchissima. Quindi spende, certo, ma lo fa come in una specie di sospensione temporale, in attesa della (dovuta!) botta di culo miliardaria che li renderà ricchi sfondati come merita. Come merita!


Credete che lo dica io?

Forse lo dice l’unico indice che in questo momento in Italia cresce a due cifre; quello delle scommesse e del gratta e vinci. Questo boom non è la caccia al colpo di fortuna... sono milioni di italiani cha alla fortuna chiedono un risarcimento!
Ecco, la crisi sta facendo intuire a questa moltitudine che da sempre “chiagne e fotte” che forse questo colpo di fortuna non arriverà mai.
E niente fa incazzare di più il finto arricchito come il rendersi conto che presto nemmeno i soldi per fingere ci saranno più.
Assistiamo quindi ad un colossale tsunami di rimozione delle proprie colpe, cui segue la caccia all’untore perfetto da mettere al rogo. E l’untore perfetto è stato immediatamente trovato.
E’ il parlamentare.
Ecco quindi quegli stessi parassiti, evasori, eterni adolescenti viziati, immersi in un orgia di acquisti e lifestyle inutili, trasformarsi nei giacobini della petizione anti-vitalizio, negli inventori di pagine facebook contro i privilegi dell’odiosa cricca romana, eccoli pagare finalmente i 5€ per entrare nel centro di milano si, per andare a firmare la sacrosanta petizione anti-casta.
Non mi dilungo oltre, avete capito bene.
Un grandioso processo di auto-assoluzione collettiva è in corso e gli obbiettivi sono chiari: sentirsi vergini, innocenti e perseguitati, tenersi quanti più privilegi possibile e se consentito lamentarsi, fare le vittime e fottere il vicino di troppo successo.
Pasolini diceva che lui preferiva parlare con chi aveva la quarta elementare o con le persone straordinariamente colte, ignorando tutto quello che stava nel mezzo.
Il problema è che nel mezzo c’è l’italia.


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