giovedì 16 febbraio 2012

l'armageddon a Sanremo


Su Celentano ci sarebbe moltissimo da dire.
Ma nel mio post precedente ho già tagliato e cucito parecchio sulle star che ad un certo punto della loro esistenza scoprono i "valori veri". Non mi dilungherei e inoltre va detto che Celentano è un cattolico praticante e monogamo da molti anni.
 E' interessante semmai questo suo spostamento (che avviene sempre dopo l'andropausa) verso posizioni radicali anzi direi quasi "Lefebriane". Celentano che fa incazzare i vescovi perchè è quasi scismatico nella sua radicalità! Cose da pazzi!
Certo l'uomo brucia di contraddizioni. Alla fine è sul palco di sanremo per amplificare l'uscita del disco, come un artista qualdiasi e non ci sarà nessun baraccone videoteconologico (con la maggior parte delle immagini di guerra rubate a "il nemico alle porte" di JJ Annaud!) e nessuna omelia da sgangherato prete di provincia a cancellare questo peccato originale. Un artista di 70 anni che ancora si affanna a cercare palcoscenici ricchi di audience (anziana) per aiutare le vendite del proprio disco.
C'è niente di più farisaico?
Tornando alla analisi poi mi stupisco dello stupore....
Celentano in realtà ha solo fatto, per l'ennesima volta, se stesso. Quindi la domanda interessante è;  Perchè agli occhi di tutti l'osannato innovatore televisivo è di colpo diventato un vecchio arnese veterocattolico?
Le ragioni sono come spesso accade tecnico/televisive.
Quel tipo di ritmo e di retorica insopportabile, quella commistione di "teatro sistina aggiungi un posto a tavola", canzoni finto rock, elicotteri alla apocalypse now e movenze da vecchio rockettaro anni '50 funzionano ancora bene nello spazio di uno show completamente "celentanizzato", in una scenografia da lui controllata, con un ritmo da lui gestito.
Allora quell'impasto di retorica, nostalgia viscontiana della milano scomparsa (poi ci deve spiegare perchè il nostalgico sta chiuso in una villa in brianza....) pacifismo anni 70 de noantri, "DonCamillismo"  revisited funziona alla grande.
Un set profondissimo e illuminato benissimo, celentano che si palesa lento e ieratico a metà tra mosè e Laurence Olivier, le pause ed i silenzi, la retorica populista. Tutto, se racchiuso in una scatola da lui gestita funziona.
Quello stesso mastodontico orpello retorico, infilato a forza nello spazio stretto dell'Ariston, con partner improbabili come Pupo (Pupo che fa il giuda di Jesus Christ! ma andiamo!!) e legnosi come morandi si inceppa e risulta sgangherato. Ma sopratutto televisivamente debole.
E la fretta poi! Non 4 sere costruite con la cura di mesi, ma sketch provati poco e male,  pieni di buchi nel ritmo televisivo e recitativo.
A conferma di ciò l'unico momento riuscito di monumentale trash è il dialogo con la canalis metafora dell'italia!  Che è infatti fieramente suo!
E forse sottovalutiamo l'ironia celentanesca se non riflettiamo sul fatto che una ex velina un pò zoccola, passata a fama planetaria per averla data ad una star americana in eterno sospetto di gaytudine è eletta a simbolo del bel paese!
Ecco quel momento di molleggiato televisivo puro funziona proprio perchè è retorica trash senza infingimenti.
Sanremo poi ci ha messo del suo per non funzionare.
Uno schema demenziale.... tre canzoni e poi un ora e mezzo di break surreale, con Joan Lui rifatto in salsa ligure, poi ancora canzoni... i lanci di una pochezza autorale vergognosa, ma come si fa ad assoldare sei o sette autori e vedere siparietti così improbabili?
Poi abbiamo nostalgia di "studio uno".... per forza! Almeno nei 60 ci si rifugiava nella rigidezza formale che salva sempre.
Alberto lupo in smoking che annuncia asciutto "signori e signore..... Mina!"
Timeless elegance!
Qui invece abbiamo perso il decoro senza recuperare la naturalezza ed infatti rocco papaleo funziona per questo.
E' il classico terrone che si trova a vivere il sogno del festival con un pò di autenticità, corroborata dal robusto mestiere dell'attore caratterista, con quel cinismo morbido del nostro sud e quella ossessione per la gnocca che lo ha fatto subito complice di qualunque maschio davanti alla tv.
Un ultimo cenno agli eliminati.
Ho scritto in passato che il festival con infinita lentezza espelle le escrescenze del passato e prefigura cautissimamente un possibile presente.
Continua a dimostrarlo, con la cacciata in prima serata di Dalla, D'alessio e Bertè.
Su cosa è diventato Dalla, un musicista tra i più geniali del nostro periodo cantautorale non mi dilungo perchè mi intristisco.
La vanità è il vizio preferito del diavolo. Lo sa di certo Celentano.
Forse lo ha dimenticato Lucio.



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