giovedì 25 febbraio 2010

the devil stay just for three days

 








è divertente questa polemica sulla direttrice di vogue e sulle sfilate milanesi. 
i fatti ve li ricordo;
la Wintour direttrice del più importante rivista di moda d'america e del mondo, spiega che, causa cerimonia degli Oscar limiterà a tre giorni la sua presenza alla settimana della moda di milano.
La settimana si adegua, ben conoscendo il potere della suddetta e tutti gli stilisti si accalcano nei tre giorni in questione per avere la speranza di una sua presenza. 
è un tema interno alla moda e mi rendo conto poco appassionante, 
quelo che mi appassiona è la miscela esplosiva di provincialismo, livore, approssimazione, incompetenza con cui molti giornalisti e personaggi pubblici hanno trattato la cosa (i politici, al solito i più grotteschi)
Su tutto è partito il richiamo all'orgoglio nazionale e a rigettare lo schiaffo della direttrice rifiutandosi di cambiare il calendario per i suoi comodi, manca solo di sentire la "perfida albione" e poi la propaganda sui baluba americani che vengono a colonizzarci è completa. 
Poi c'è il filone ancora più odioso del "non sono cose serie" editorialisti che liquidano la cosa come una facezia del mondo fashion. Questi sono quelli che detesto di più.
sono probabilmente gli stessi giornalisti economici che disquisiscono sul pil e fingono di non sapere che la moda è una delle voci forti dell'export del nostro paese, oltre ad essere col design una formidabile macchina nella costruzone della percezione che il mondo ha dell'italia. Terra di monumenti, buon cibo e bei vestiti. 
Verso la moda, che è una cosa serissima e investe la concezione di se che ognuno di noi ha,  c'è sempre invece questa insopportabile boria, che chissà perchè non tocca il vino  o le tome delle casere valtellinesi che esportiamo, futili allo stesso modo ma di cui invece ci vantiamo neanche mandassimo all'estero valvole mitraliche per i trapianti.
(lorsignori editorialisti poi si vestono sicuramente tutti all'Oviesse o comprando nei mercatini di quartiere, certo)  
Questi giornalisti sono appunto del filone tardo rivoluzione industriale e credono solo nel'acciaia o e nella trivella. 
Poi mentre il made in italy dei pret a porter  e del pronto moda impiega migliaia di persone in Italia chiude termini imerese.E tutto si tiene, la fiat chiude perchè non innova, non studia, non capisce i tempi. In una parola; perchè  non è di moda.
il filone interno alla moda poi è grottesco.
L'unica che si è coraggiosamente ribellata al diktat della wintour (non è un ultimatum, lei ha detto che sarebbe venuta nei 3 giorni in cui ci sono degli stilisti che considera interessanti, se gli altri vogliono spostare le sfilate nei suddetti giorni benvenuti) è la nostra coraggiosa Krizia. Che ha tuonato contro la debolezza dei colleghi e del (addiritura) sistema moda. 
Scopro grazie ad un bell'articolo di natalia aspesi (che grazie a dio ne capisce) che causa litigi, screzi personali e credo anche disistima per la sua moda, la Wintour non va ad una sfilata di krizia da almeno 10 anni... ricapitolando Krizia se ne frega se la wintour non verrà ad una sfilata a cui non sarebbe andata comunque. Quel courage, come dicono in Francia. 
Ecco sul rapporto moda giornali poi spingerei ad una riflessione; quella sul potere effettivo o meno che un giornale può avere nel dare visibiltà e successo ad un marchio, oppure nel meccanismo per cui ci sono giornali in cui per apparire rilevanti nel mondo della moda si "deve" apparire. punto e basta. 
Faccio un esempio per farmi capire. 
Immaginate se il financial times smettesse DEFINITIVAMENTE di parlare di Fiat. Basta, non ne parla più per sempre. 
è rilevante? se ne può fare a meno? Può un grande gruppo industriale permettersi di scomparire dalle pagine di uno dei giornali economici considerati più influenti del mondo?  Al di la da quante macchine fa vendere il FT quanto è importante o non importante essere nelle sue pagine? 
Per gli investitori, per gli operatori di settore vedere il nome del tuo gruppo industriale comparire nei fogli del FT è comunque importante immagino no? Significa che esisti, che operi nel tuo settore, comunica che ci sei , la tua dinamicità. 
E il financial times NON è quattro ruote! non è una rivista su cui guardi la macchina che ti compreresti. Non fa vendere "direttamente" più macchine.
Ecco, immaginate che nella moda Vogue America incarni sia il Financial Times che Quattroruote. 
Nn solo assumi rilevanza se ci sei, ma con 1 milione di copie vendute in america, Vogue è anche uno strumento di vendita e di penetrazione del mercato statunitense indispensabile. Ve lo ricordo, USA uguale 300 milioni di abitanti.... vogliamo vendere all'1% degli americani? Siamo a 3 milioni di acquirenti. Non male no? 
Ecco vi faccio una domanda. 
Qual'è la bibbia della moda americana? il giornale che ti dice cosa è cool e cosa no? il giornale che le star del cinema e della televisione americana  sfogliano per capire cosa sta succedendo ( e di conseguenza COMPRARE quello che sta succedendo? )
avete indovinato.
Quindi; piacere ad anna Wintour, entrare nelle sue pagine  (lo si fa anche pagando, lo sanno tutti... tante pagine di pubblicità sul giornale, tanti editoriali con i tuoi abiti. ) finire sotto gli occhi di certe persone significa vendere, promuovere la tua azienda e in ultima analisi, che lo piaccia o no, creare valore e lavoro in italia. 
Anna WIntour in prima fila nella tua sfilata significa "il mio marchio è rilevante. il mio marchio sta facendo la moda del mio tempo. il mio marchio è nell'onda.
E' necessario che succeda per motivi di immagine ed economici. il resto sono fregnacce. 
E ancora...
Anna WIntour non è anna wintour (anche 'sta personalizazione è davvero provinciale). Il giorno dopo il suo licenziamento da direttrice di Vogue America la Wintour non sarà più nessuno.
Anna WIntour è Vogue.  Parte di  un sistema di trend making che se intercettato può permettere ad un marchio di diventare globalmente famoso e venduto. 
Aggiungo che non lo fa neppure così male. 
Sempre La Aspesi spiega che La Wintour ha poca considerazione per la moda italiana tranne che per Miuccia Prada che stima e di cui parla. 
Sfido chiunque a darle torto. 
Solo nel pollaio provinciale dei nostri giornali si continua a credere che noi siamo il centro del fashion mondiale. Qualunque esperto di settore sa che l'inerzia della moda è ormai altrove, e un giornale che deve raccontare quello che succederà e non quello che succede non fa altro che rilevare questa realtà. 
I nostri grandi marchi storici sono bolsi e in ritirata. Vendono nei nuovi mercati (russia, cina, medio oriente) ma non hanno più lo spirito del tempo, non fanno più tendenza, non raccontano più nulla di nuovo. Se fossere cantanti sarebbero Claudio Baglioni, Lucio Dalla, Vasco rossi. Bravi per carità, ma il futuro è altrove. 
La Wintour lo sa e ci snobba. Giustamente. 
E giustamente fa un eccezione per Miuccia Prada che è infatti universalmente riconosciuta come l'unica designer italiana che sta raccontando davvero qualcosa di nuovo. Nella sua capacità di mischiarsi profondamente con l'arte contemporanea per esempio. 
Prada apre una fondazione e un museo. Armani apre un albergo. Un motivo ci sarà no? 
Insomma funziona così, e funziona a modo suo bene.
Il reso sono le solite semplificazioni a metà tra il borioso e l'incompetente. Ma in questo noi italiani siamo imbattibili. 


Ecco, sulla moda ho scritto il mio blog più lungo di sempre! 
guarda a volte la vita. 

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