galli della loggia (nell'articolo che riporto qui in fondo) finalmente coglie il punto e dice che il re è (quasi) nudo.
Mi rammarica il mio scarso tempismo... da molto volevo scrivere un post su la vera colpa del berlusconismo di questa legislatura. E cioè la sua totale mancanza di azione di governo (se non finalizzata al riparo dei guasti personali del premier) e la diarchia ormai palese tra berlusconi e tremonti, ormai primo ministro ombra di questo compagine.
Mi sembrava davvero evidente in modo marchiano che il problema di berlusconi non è nemmeno più il conflitto di interessi, ma la sua incapacità a governare.
finalmente anche un moderato come galli della loggia non ce la fa più e lo dice.
Un segnale interessante di stanchezza. A cui unirei la maggiore aggressività della Marcegaglia, da non sottovalutare.
Ecco io vado oltre e il mio post a lungo rimuginato lo scrivo ora.
Io credo che belusconi non governi bene per un motivo semplice.
SI annoia.
La sua formazione aziendale emerge sempre più evidente. Come funziona di solito nell'industria? Un manager conclude un accordo di massima (" mi compro la Chrysler"...) poi gli sherpa definiscono e risolvono la marea di problemi tecnico/finanziari necessari alla finalizzazione. Il top manger non se ne occupa. Lui vola alto, ha avuto la "vision"...
In politica non è così. In quella melma di distinguo, emendamenti, frenate e ripartenze sta il cuore di un azione di governo.
E questo al nostro da un profondo fastidio. Lo irrita. Gli sembra di perdere tempo in scemenze. NON GLI PIACE. Non piace al bambino che vuole solo divertirsi che è in lui.
Io non credo affatto che il cavaliere sia sceso in politica "solo" per salvare le sue aziende. Era di certo vero all'inizio.
Credo che poi si sia fatto conquistare dalla politica si, ma non come azione quotidiana, bensì come apparato simbolico. Il ruolo, la "job title" lo affascina da sempre....e infatti spesso parla di se in terza persona riferendosi al "presidente del consiglio". Una frase tipo?
"In un paese civile il presidente del consiglio non dovrebbe subire attacchi simili..." ecc ecc. Fascinato com'è dai titoli nella loro astrattezza, li considera un paravento inscalfibile dietro al quale chiunque può essere mondato da qualunque peccato. Figuriamoci lui che invece si attribuisce solo meriti.
"In un paese civile il presidente del consiglio non dovrebbe subire attacchi simili..." ecc ecc. Fascinato com'è dai titoli nella loro astrattezza, li considera un paravento inscalfibile dietro al quale chiunque può essere mondato da qualunque peccato. Figuriamoci lui che invece si attribuisce solo meriti.
Ho già spiegato in un altro post come secondo me sia evidente in berlusconi i complesso di inferiorità del parvenu e di conseguenza Il fascino per i ruoli appunto più simbolici che fattivi. Una struttura valoriale, la sua fatta delle più trite ideologie anni 50. Il denaro, le belle donnine, l'autorità che è valida in quanto tale. Credo addirittura che la battaglia ai giudici sia stata fatta con un fondo di dispiacere.
Di certo la sua avventura di governo è "la prosecuzione della televisione con altri mezzi" parafrasando Von Clausewitz.
Dopo il simbolismo dell'imprenditore di successo, e quello del grande dirigente sportivo approda alla politica che crede il luogo privilegiato per passare alla storia. Vera ossessione di tutti gli inadeguati.
Qui immagino scopra la differenza sostanziale col gli altri "mestieri" fatti. La politica non gli piace. Certo ama alla follia la campagna elettorale, che è una tournèe in cui (di nuovo) l'apparato scenico gli è familiare.
I comizi pubblici di berlusconi e i suoi show del sabato sera su canale 5 sono molto simili.
Strutture controllate e liturgie di spettacolo pianificate nei dettagli per un occhio "esterno" già previsto. La tv.
Berlusconi si comporta SEMPRE come fosse filmato. SI comporta SEMPRE come in una registrazione che andrà poi in onda. La realtà per lui NON E' quel momento. Ma le immagini che "riprodurranno" quel momento.
Berlusconi si comporta SEMPRE come fosse filmato. SI comporta SEMPRE come in una registrazione che andrà poi in onda. La realtà per lui NON E' quel momento. Ma le immagini che "riprodurranno" quel momento.
Non conta il comizio. Conta il racconto del comizio...
Lui è così. E' un televisivo dentro. E grazie a questa percezione ha sbaragliato i politici di vecchia scuola.
Oppure preferisce l'epopea del dirigente sportivo.... dove appunto la struttura di governance è semplice. "Compro i migliori giocatori del mondo, il migliore allenatore, do comunque la formazione e vinco."
Oltre certe complessità berlusconi non è che non regge.
Si annoia a morte.
Una prova del 9 di questa attitudine credo sia infatti nel suo desiderio politico più grande. Diventare presidente della repubblica.
Un ruolo che gli è assolutamente congeniale. Di rappresentanza, legato alla interpretazione degli umori e pulsioni del paese ma non operativo.
Tutti i vantaggi dell'apparato simbolico politico, senza gli svantaggi dell 'azione politica. Di più! L'azione politica è comunque guidata attaverso un primo ministro di sua fiducia, (gianni letta). E grazie a questo ogni successo del governo sarebbe un suo successo (ce l'ho messo io...) ogni sconfitta un sconfitta del governo (io sono super partes che c'entro..) Praticamente il suo nirvana esistenziale.
Per concludere la politica vera ha agli occhi di Berlusconi, eterno venditore di provincia, un altro imperdonabile difetto. Quello di entusiasmare certuni e deludere implacabilmente altri.
E questo Berlusconi non può tollerarlo. La sua insicurezza profonda e nascosta chiede una sola cosa.
Essere amato.
Da tutti.
Ecco perchè l'ultimo baluardo è il quirinale.
Chi ha il coraggio di detestare il Presidente Della Repubblica?
the searcher
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La necessità di un colpo d’ala
Parlare di crisi finale di Berlusconi e del berlusconismo è senz’altro azzardato. Niente lascia credere, infatti, che se tra sei mesi ci fossero le elezioni politiche il Cavaliere non riuscirebbe per l’ennesima volta a riportare la vittoria. In un modo quale che sia, ricorrendo alle offerte elettorali più irreali, radunando le forze più diverse, gli uomini (e le donne) più improbabili, ma chi può dire che non ci riuscirebbe?
Se però il futuro appare incerto, il presente invece non lo è per nulla. Dopo due anni alla testa di un’enorme maggioranza parlamentare il governo Berlusconi può vantare, al di là della gestione positiva della crisi economica, un elenco di risultati che dire insoddisfacente è dire poco. Inauguratosi con l’operazione «Napoli pulita» esso si trova oggi davanti ad un’altra capitale del Mezzogiorno, Palermo, coperta di rifiuti, ridotta ad un cumulo d’immondizia, mentre l’uomo del miracolo precedente e dell’emergenza terremoto, Bertolaso, è assediato dalle inchieste giudiziarie.
Il simbolo di un fallimento non potrebbe essere più evidente. Ma c’è ben altro. C’è l’elenco lunghissimo delle promesse non mantenute: elenco che la difficile situazione economica e i grandi successi nella lotta al crimine organizzato non sono certo in grado di compensare. C’è la riforma della giustizia con la separazione delle carriere dei magistrati ancora di là da venire; ci sono le liberalizzazioni (a cominciare da quella degli ordini professionali) di cui non si è vista traccia; c’è il piano casa e delle grandi infrastrutture pubbliche a tutt’oggi sulla carta; la costruzione dei termovalorizzatori, idem.
La promessa semplificazione delle norme e delle procedure amministrative è rimasta in gran parte una promessa; la riforma universitaria ha ancora davanti a sé un iter parlamentare lunghissimo e quanto mai incerto; delle norme sulle intercettazioni meglio non dire; e infine pesa sull’Italia come prima, come sempre, la vergogna della pressione e insieme dell’evasione fiscali più alte del continente.
Il simbolo di un fallimento non potrebbe essere più evidente. Ma c’è ben altro. C’è l’elenco lunghissimo delle promesse non mantenute: elenco che la difficile situazione economica e i grandi successi nella lotta al crimine organizzato non sono certo in grado di compensare. C’è la riforma della giustizia con la separazione delle carriere dei magistrati ancora di là da venire; ci sono le liberalizzazioni (a cominciare da quella degli ordini professionali) di cui non si è vista traccia; c’è il piano casa e delle grandi infrastrutture pubbliche a tutt’oggi sulla carta; la costruzione dei termovalorizzatori, idem.
La promessa semplificazione delle norme e delle procedure amministrative è rimasta in gran parte una promessa; la riforma universitaria ha ancora davanti a sé un iter parlamentare lunghissimo e quanto mai incerto; delle norme sulle intercettazioni meglio non dire; e infine pesa sull’Italia come prima, come sempre, la vergogna della pressione e insieme dell’evasione fiscali più alte del continente.
Una tale inadempienza programmatica è il risultato in buona parte dell’incapacità di leadership da parte del premier. Nel merito dei problemi che non lo riguardano in prima persona Berlusconi, infatti, continua troppo spesso ad apparire incerto, assente, più incline ai colpi di teatro, alle dichiarazioni mirabolanti ma senza seguito, che ad una fattiva operosità d’uomo di governo. In questa situazione lo stesso controllo che egli dovrebbe esercitare sul proprio schieramento è diventato sempre più aleatorio. Benché con modi e scopi diversi Fini, Bossi e Tremonti dimostrano, infatti, di avere ormai guadagnato su di lui una fortissima capacità di condizionamento. Riguardo le cose da fare ne risulta la paralisi o il marasma più contraddittorio.
Anziché governare le decisioni, il presidente del Consiglio sembra galleggiare sul mare senza fine delle diatribe interne al suo schieramento. E nel frattempo dalla cerchia dei fedelissimi, dove pure qualche intelligenza e qualche personalità autonoma esiste, continua a non venire mai alcun discorso d’ordine generale, continua a non venire mai nulla che abbia il tono alto e forte della politica vera. Il silenzio del Pdl che non si riconosce in Fini è impressionante. Ad occupare il proscenio rimangono così, oltre l’eterno conflitto d’interessi del premier, solo i ministri ridicoli (Scajola) o impresentabili (Brancher), il giro degli avidi vegliardi delle Authority, le inutili intolleranze verso gli avversari. Dov’è finita la rivoluzione liberale di cui il Paese ha bisogno?