venerdì 15 febbraio 2013
the Sanremo diaries_day3
Diciamo la serata dell'impegno sociale e anche la tradizionale serata di transizione. Si risentono le canzoni e si mettono a fuoco le preferite, anche gli autori possono sbizzarrirsi un po' e scaldare le batterie in attesa del sabato sera fluviale.
La Litizzetto lasciata sola da Fazio, infila il miglior monologo da lungo tempo a questa parte e ci fa ricordare cosa amiamo di lei. La capacità di raccontare il quotidiano con humor ma anche con empatia. L'abilità disegnare i sentimenti di ogni giorno per quello che sono, senza retorica e con tenerezza.
Il personaggio è sempre il suo intendiamoci "questi uomini che dobbiamo sopportare ma alla fine ci piacciono e siamo fatti per stare con loro" ma davvero lo recita con autenticità. Credo che Luciana Litizzetto sia in fondo una donna anni '50, che ama pensare al rapporto uomo donna come qualcosa che ha a che fare con regole immutate e immutabili, con una nostalgia malcelata per l'idea di mascolinità, persa nei '70 della parità di sessi.
Antony and the Johnston è un ospite musicale che rivela la raffinatezza dei gusti di Fazio. Si capiva che era una scommessa vinta sopratutto da lui. Anche Antony, commovente certo, ci rivela quanto i musicisti siano spesso peggiori della loro musica. Una voce celestiale, un brano struggente... e poi un insopportabile "pippone" sul destino del pianeta che ci ha inflitto per almeno 4 minuti, seduto al piano e leggendo tutto da un foglio preparato. Fazio in piedi, sapeva quello che lo aspettava e lo ha subito con dignità. Nondimeno sembrava padre Georg quando ascolta Ratzinger che cerca di portare alla fine le sue omelie con la "q" tedesca. Dobbiamo sempre farci trattare da colonia culturale.... In questo emisfero si rifletteva sulla condizione femminile quando negli Stati Uniti le madrie di bisonti vagavano ancora libere. Vaffanculo va' Antony.
Il Festival esprime sicuramente una tendenza politica. Questo festival è di sinistra, fighetto e un po' snob. Ce ne accorgiamo dal senso di irrilevanza che si respira tutt'intorno ai fenomeni dei talent. In passate gestioni la vittoria era una questione di lotte tra amici e i fattori X. Quest'anno l'accento è fortemente su artisti collaudati, su autori o band indipendenti con una grande storia alle spalle. Il non detto è su "Musicisti veri"... e se dobbiamo vedere pencolare un po' di simpatia e verso gli artisti del talent Sky, non certo verso quelli di Amici. Ciononostante persino la mitica Chiara di X factor passa e va, senza particolari attenzioni e lusinghe. E' un interessante segno di autonomia anche rispetto alle discografiche, che secondo me nella gestione Morandi misero mano piuttosto pesantemente.
Tutta questa teoria potrebbe naturalmente essere infranta sabato sera dal televoto lo sappiamo, ma il cima e il contesto credo siano quelli che ho descritto.
Elio.
Ormai è un esperimento di arte contemporanea applicata al festival. Le fronti sempre più alte e la meravigliosa trovata delle braccia finte lo collocano in un iperuranio tra il miglior Cattelan e "I soliti ignoti" di Monicelli, impagabile.
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